[Allora: l'autore del disco qui recensito ha espresso ed esprime posizioni politiche e ha commesso (e istiga altri a commettere) azioni che a DeBaser ripugnano. In fin dei conti, però, si parla di musica: quindi pubblichiamo comunque la recensione. /DeBaser]
Kristian Kvisling Larsson Vikernes, noto anche come Conte Grishnackh, come "Varg" Vikernes o più semplicemente come Burzum, il nome da lui dato al suo progetto musicale, non è un artista di poco spessore o semplice da ascoltare. La sua musica è allegorica e molto profonda a livello concettuale oltre che sonoro e l'album "Burzum/Aske" ne è il perfetto esempio, anche perchè è l'unione del primo lavoro ufficiale con uno dell'anno successivo, come tale in esso è possibile riscontrare l'evoluzione che distingue quest’autore e la chiave d'ascolto di tutti i successivi lavori.
E' l'inizio degli anni '90, più precisamente il 1992, quando esce l'album "Burzum". Ancora le vicende più oscure della scena Black Metal Norvegese non erano accadute, Varg Vikernes lavorava al suo progetto da solista, Burzum per l'appunto e intanto si dilettava a suonare il basso con i Mayhem di Euronymous e da circa un anno aveva lasciato il ruolo di chitarrista negli Old Funeral.
L'album Burzum è la sublimazione impulsiva, violenta e lacerata del Black Metal, con le sue nove iniziali canzoni (tracce che aumenteranno a 11 con la versione "Burzum/Aske" del 1995) che rappresentano la violenza e la rabbia ferina di Burzum, denominato Varg forse anche per questo motivo ("Varg" vuole dire Lupo). L'album ha inizio con "Feeble Screams From Forests Unknown", dal principio aggressiva e colma d'odio con i suoi riff ossessivi e la batteria sempre incalzante, rappresenta la disperazione d'un animo solo che mostra il suo odio e il suo tormento per la realtà che lo circonda, ma non lo appartiene. La seconda traccia: "Ea, Lord Of The Deeps", condivide appieno lo spirito d'odio che pervade tutto l'album, e mostra il lato del Conte rivolto alla mitologia soprattutto iconografica, parlando in chiave simbolica del mostro marino "Sassu Wunnu". Questa passione sfocerà poi nel profondo rispetto sempre più dimostrato negl'album successivi verso la mitologia scandinava ed al grande passato della sua terra. La terza traccia, forse una delle più famose, "Black Spell of Destruction" rappresenta invece il lato mistico e demoniaco del Conte Grishnackh, lenta e cupa, ma allo stesso tempo disperata è l'invocazione lacerata di un cambiamento, l'urlo violento della voglia di distruggere il marciume del mondo e di cancellare l'umanità corrotta da valori obnubilanti come il cristianesimo. La quarta traccia: "Channelling The Power Of Souls Into A New God" rappresenta la parte che si svilupperà sulla fine della carriera di Burzum, la passione per l'Ambient Black (un genere legato a lui indissolubilmente). Come in un processo la quarta traccia rappresenta una soluzione che Varg trova alla realtà troppo distante da lui, troppo diversa. Come dice chiaramente il titolo e l'unica frase della canzone ("Worship Me") si tratta di un passaggio ad una nuova situazione, l'assorbimento di valori ed il distacco totale dalla mentalità omologata della massa. La quinta traccia: "War", infatti, altrettanto famosa come la terza, è la rappresentazione pratica del cambiamento avvenuto nella traccia precedente. La disperazione per la realtà converge in odio puro e feroce, la soluzione a tutto è pratica, è "Guerra", (concetto che un grosso filone del Black Metal seguirà - si ascolti "Black Metal Ist Krieg" di Nargaroth per capire). La sesta traccia è "The Cryng Orc", una piccola perla ambient di un minuto circa in cui ci si ricollega alla mitologia nordica e Tolkieniana con la figura dell'Orco, che in fondo non è altri che lo stesso Burzum rappresentato in copertina come un solitario spettro vagante in una realtà desolata e nebbiosa. E' incredibile come riesca a dare l'impressione del pianto e come riesca a far percepire lo stato d'animo in meno di 60 secondi di canzone. La settima traccia "My Journey To The Stars", forse una delle più suggestive dell'album, rappresenta concretamente il cambiamento interiore proiettato sulla diversificazione della realtà esteriore, la raggiunta di coscienza e la comprensione del cambiamento radicale è vista come su uno schermo nella percezione differente del mondo. Le grida rabbiose e selvagge di Burzum sono la materializzazione del sentimento d'odio espresso in tutto l'album e focalizzato particolarmente in questa traccia, seguite dai riff pesanti e ossessivi della chitarra e dalla batteria rabbiosa che martella come l'adrenalina prodotta dall'ira. L'ottava traccia "Dungeons Of Darkness" è un altro sprazzo di Black Ambient, un crescendo di suoni cupi e gravi come una profonda e lenta vibrazione della terra, l'apice dell'oscurità profonda e sinistra di quest'album, posta come connessione tra la prima reazione del cambiamento avvenuto in Burzum e la presa di coscienza più assodata di Aske (successivo infatti di un anno a Burzum). La nona traccia: "Stemmen Fra Taarnet" è infatti la prima di Aske ed è palese la diversità sonora e concettuale tra le nove tracce di Burzum e le tre di Aske. Innanzi tutto il ritorno alla propria lingua, dall'Inglese di Burzum al Norvegese di Aske, allo screaming più lacerato meno impulsivo, la batteria più lenta, ma incalzante, costantemente rabbiosa, la chitarra sempre più distorta rende quasi la sensazione di un unico scream agonico. Ma è il seguito del cambiamento avvenuto in Burzum, è il richiamo d'una voce che lo guida attraverso difficoltà, che lo guida verso ciò che è l'essenza del Black Metal, il nucleo filosofico e concettuale del genere. La decima traccia: "Dominus Sathanas" è un diminuendo sonoro di violenza, l'assorbimento della rabbia impulsiva dell'inizio di Burzum in una rabbia più sottile, meno evidente, ma più radicata, un odio totale e profondo, disperato, esacerbato. L'ultima traccia, l'undicesima, "A Lost Forgotten Sad Spirit" è il pezzo di comunione tra "Burzum" ed "Aske", tra "Oscurità" e "Ceneri" ed è infatti il ritorno al testo in Inglese con le caratteristiche sonore viste invece in Aske. Non c'è più rabbia impulsiva, ma è ponderata e radicata nell'essere, è sottile e velenosa, è una rabbia prodotta dall'odio puro, dall'oscurità più profonda che il Conte ha potuto sublimare.
Qualcuno dice che sia uno dei migliori album del Conte, secondo me è semplicemente la prima mossa, necessariamente legata a tutti gli altri album come in un cammino e come tale va ascoltato.
Non è banalmente musica, così come tutto il Black Metal di qualità, è una concezione filosofica traslata in note, l'espressione di una condizione più che semplice o banale e Burzum è maestro nell'esprimere questo.
Senza ombra di dubbio capolavoro del Black Metal, un prodotto che trasmette odio e rabbia, solo come lo Zio Burzum ha saputo fare.
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