Assalam DeBaser

Dopo molto tempo sono tornato a scrivere recensioni. Con dispiacere noto un enorme e stupido razzismo in questo sito; per esempio ringrazierei (molto sarcasticamente) tutti quelli che mi hanno dato del fake nonché qualche idiota anonimo e razzista. Spero che voi editors non taglierete il mio sfogo.

Vado a recensire un disco che mi ha colpito moltissimo: fattomi ascoltare per la prima volta da un mio compagno di scuola (IPSIA a Padova, sono compaesano di un certo Bisius), la prima volta pensai: "Allah certo mi punirà per l'ascolto di tanto demonico satanismo!" Ma subito lo mandai a quel paese, come dite voi, e mi lasciai prendere dalle atmosfere gelide e terribilmente grim di questo pezzo grosso della musica misantropico-forestale. Misantropia è la gelida ventata di disprezzo e odio per la plebaglia che permane dalla voce acuta e posseduta del Maestro Burzum, foreste sono le terre teatro di lunghe passeggiate solitarie, leggendo le opere di un letterato quale Tolkien (io stesso ho fatto ricerche accurate su questo scrittore metal, e ne posseggo svariate opere, memorie di un passato oscuro e celato dalle autorità religiose, passato che è tema di questo CD, che significa "ciò che una volta esistette").

Si tratta di un disco partorito da una mente becera e dannatamente geniale, quella di un uomo, un diavolo, un satanista che ci trasmette in pieno il suo integralismo religioso. Vediamo ora le tracce che compongono l'opera.

Cominciò tutto con "Den onde kysten", le coste malvagie, degno intro a un disco dannato e tetro. la mente va ai fiordi norvegesi, scavati e torturati da secoli di erosione e di ondate, le coste dell'inferno, dove Caronte traghetta i dannati e tutto e pianto e stridor di denti delle anime prave. E sbarcati sulla costa infernale, eccoci dinanzi al cancello sbarrato: per proseguire ci serve la prossima canzone "key to the gate" chiave per il cancello, traccia che lascia un amro sentore di disperazione, sentore espresso dalla chitarra di Burzum che fa da preludio a una delle tracce migliori, "En Ring til å herske", un anello per comandare. A chiunque verrà l'accostamento al sublime vate Tolkien: "Un anello per domarli, un anello per trovarli, un anello per ghermirli e nel buio incatenarli". La volontà misantropica di comando del Lupo Burzum è espressa nella sua massima potenza. Prossima canzone, il capolavoro assoluto del Conte: "Lost Wisdom" la saggezza perduta. La traccia inizia con un ritmo accattivante, quasi ballabile, certo attinto dal repertorio folkloristico scandinavo, che prosegue con le urla disumane del feroce demone che si interoga sulle bizarrie che ci confondono ci fanno perdere la saggezza e ci conducono all'Inferno. La melodia la fa da padrona, una musica mefitica, che evoca chiese bruciate o enormi cattedrali gotiche ornate di macabri gargoyle. Ottimo. Proseguiamo con "Han som reiste", colui che viaggiò, può trattarsi dell'autore stesso o forse un demone elementale che Burzum conobbe in un delirio mistico: traccia non cantata, molto atmosferica, così come "Når himmelen klarner", quando il cielo schiarisce, quasi un momento di sollievo dopo le tenebre, quando un raggio di Sole tocca l'animo più cupo e nero. Non facciamo in tempo a rilassarci che ecco le tenebre, il male, la disperazione ritornano con la voce stridula e la musica macabra di "Snu mikrokosmos tegn", ruota il sigillo del microcosmo, titolo enigmatico che può prestarsi alle più svariate interpretazioni; senz'altro riguarda Tolkien. Il viaggio diabolico si conclude con "Svarte troner" i troni neri, e quale finale migliore se non l'arrivo ai sacri troni di Satana, dove il Nemico risiede e domina?

Decisamente, un disco da avere, se amate le emozioni grim come la disperazione, la misantropia e la solitudine.

Ma a salama, o meglio Aark ta Virdkund!

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