[Allora: l'autore del disco qui recensito ha espresso ed esprime posizioni politiche e ha commesso (e istiga altri a commettere) azioni che a DeBaser ripugnano. In fin dei conti, però, si parla di musica: quindi pubblichiamo comunque la recensione. /DeBaser]

La musica di Burzum non è semplice musica come qualsiasi altra. Non lo è mai stata. Quando si ha a che fare con Burzum tutta la concezione stessa della musica cambia: essa si trasforma nel ritratto psicologico e mentale di un uomo, che ci fa scavare nel suo animo, nella sua lacerazione interiore.
Varg Vikernes era in carcere quando ha scritto quest'album. Lì aveva la possibilità di usare il computer e di leggere libri. "Filosofem", in fondo, può essere considerato un album che nasce anche dalle sue letture sulle leggende nordiche, dalle sue credenze e dalle sue profonde ideologie politiche. Secondo Vikernes la politica ultranazionalista è la sola che possa risanare la società scandinava (e norvegese in particolare). La sua è una pratica di ritorno alle origini, alla spiritualità che era propria di questa terra all'epoca dei vichinghi. Egli rinnega il satanismo in quanto lo considera residuo di quella cristianità che, con il suo arrivo, ha completamente corrotto e logorato gli animi degli uomini attraverso l'imposizione di falsi e prefissati schemi morali.
Ovviamente tutta la visione del mondo secondo la filosofia vikernesiana può essere condivisa o meno, ma resta il fatto che, seppur Vikernes possa essere considerato come si voglia (pazzo, criminale o poeta) non si può fare a meno di negare che avesse un suo genio, per quanto malsano e malato, e soprattutto rimane da chiedersi che svolta avrebbe avuto la sua vita e la sua carriera se non avesse commesso quell'omicidio (Euronymous, chitarrista dei Mayhem, 23 coltellate al collo, Agosto 1993).

Impossibile non porsi queste domande ascoltando "Filosofem". Sinceramente questo è un album che amo, un'opera così come dovrebbe essere, come pura esternazione dell'animo dell'artista che l'ha prodotta. Un album assolutamente impossibile da ascoltare per chi non possiede un punto di vista tale da comprendere la musica in maniera davvero profonda.
Il tappeto sonoro è affidato alle distorsioni che costituiscono la vera forza motrice dell'opera e ne delineano la bellezza: distorsioni talmente intense da coprire la melodia in modo tale che se ne possa solo ricevere un piccolo frammento, uno spiraglio, distorsioni che lacerano, che soffocano, che non lasciano via di scampo e che investono ed inglobano tutto, ogni sicurezza, ogni speranza. Le poche note di tastiera servono a ben poco, se il loro intento è quello di snellire questa profonda carica emotiva.
La voce di Burzum in "Filosofem" è la pura rappresentazione della disperazione, lontana dal feroce latrato di "Det Som...", teoricamente più umana, ma filtrata, malsana e meramente straziante. Lo stato d'animo soffocante e destabilizzante che quest'album suscita in chi l'ascolta è qualcosa di indescrivibile. Il ritmo della chitarra e della drum machine, ossessivo, ridondante, disturbante, opprime all'inverosimile. I titoli delle canzoni sono in tedesco, anche se il cantato è in inglese e in norvegese, ed in particolare spicca "Gebrechlichkeit", divisa in due parti, che significa "Decrepitezza". Essa rappresenta in maniera più esplicita lo sdegno di Burzum: la cristianità ha degradato il mondo ed ora la gente, invece di morire sui campi di battaglia, si ritrova a morire nei propri letti. Da molti potrebbe essere considerata come la canzone più disperata mai scritta nella storia della musica: lenta, opprimente, ossessiva in una maniera inconcepibile, dove la voce e la chitarra, da sole, si trasformano davvero in espressione del tormento interiore; lo stesso riff, cadenzato e tremendamente lacerante nel suo incedere, è portato avanti per 8 minuti, dove ogni singolo minuto ne vale per 30, con uno spiraglio psichedelico in sottofondo che aiutano ancora di più a delineare questa enorme pesantezza tradotta in musica... Qualcosa di assurdo, solo lui poteva scrivere una canzone del genere.

Chi sa di avere questa possibilità deve osare e ascoltare "Filosofem": in breve verrà catturato dall'irresistibile fascino malato che solo un album del genere può suscitare.

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