E' un viaggio quello dei Calexico.

Questa volta li porta da Tucson, Arizona, fino alla lontana New Orleans; un viaggio da ovest ad est, dal deserto verso il mare e il fiume Mississippi.

Il nuovo paesaggio, estremamente diverso dalle strade polverose alle quali erano abituati Joey Burns e John Convertino, instaura un rapporto di dare/ricevere con i due. Il mare che entra spesso nei pezzi dell'album, l'acqua, che si abbatte sulle vite delle persone e che viene ben rappresentata nel moto ondoso della copertina.

"Algiers", che di New Orleans è un quartiere, da una scossa alla carriera del duo. Pur non allontanandosi troppo dai due lavori precedenti, "Garden Ruin" e "Carried to Dust", alza il tiro e ambisce a diventare un caposaldo del genere.

Un approccio sicuramente più spensierato alla scrittura dei pezzi, non ci sono gli sperimentalismi a cui ci avevano abituati in passato, ma il disco procede con un ritmo efficace e disteso e si arriva alla fine senza rendersene conto. Canzoni d'amore e di speranza, per non fermarsi a guardare indietro, ma affrontare il futuro senza timori; in invito che può essere rivolto anche agli abitanti di New Orleans, afflitti in passato da piaghe difficili da dimenticare.

L'ascolto si distende molto bene, diviso in due parti dalla titletrack, unico pezzo strumentale, ma i due brani che a mio parere riflettono in maniera concreta l'andamento del disco sono Fortune Teller e Maybe On Monday. E' il Calexico-sound che diventa accessibile al grande pubblico, canzoni che "restano".

C'è lo spagnolo di No Te Vayas, con la voce principale lasciata a Jacob Valenzuela, già da anni presente nella formazione live del gruppo (aveva cantato Ispiraciòn nell'album precedente). E c'è Il ritmo cubano che s'insinua all'inizio di Sinner In the Sea e si sprigiona con quell'organetto impazzito che lotta con la voce di Burns, simile a Nick Cave in questo passo. The Vanishing Mind va a chiudere l'opera con sonorità inquietanti.

Nella versione Deluxe dell'album troviamo l'altra faccia dei Calexico: "Spiritoso", registrato dal vivo a Vienna e Potsdam accompagnati da un'orchestra sinfonica. Il secondo disco comprende sia grandi pezzi del passato sia alcuni brani di "Algiers", che, rivisitati attraverso gli archi, aspirano a diventare quasi una colonna sonora di un vecchio film western. Insomma, una chicca da non perdere.

Il gruppo si è aperto a nuovi visitatori, è cresciuto e ha fatto capire di poter intraprendere una via alternativa ai soliti pezzi d'ispirazione mariachi e folk, conditi da suggestive sperimentazioni psichedeliche. Un strada fatta di canzoni vere, che nulla hanno da invidiare a quelle dei grandi autori americani (e non) del passato.

Buon ascolto!

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