IL RITORNO DEL MARIACHI
Una macchina scoperta attraversa il deserto, viaggia verso sud-ovest, buca tramonti polverosi e brezze leggere, la notte sta per arrivare, il sonno, le parole e le confessioni si mischiano alla polvere...
"Carried to dust" è spazio aperto e strada, è un viaggio inquietante e polveroso che attraversa città fantasma fra Messico e Arizona, un viaggio che segna il ritorno verso casa, fra fango e pioggia, i Calexico fanno un passo indietro e ritrovano il sole, il mezzogiorno di fuoco che rivela atmosfere cinematografiche, quasi Morriconiane che fra sparatorie e bare svelano un gioiello, ed un ritorno al passato.
"Carried to dust" è il diario di viaggio di Burns, è la foto di La Chascona, Via Fernando Marquez de la Plata 0192, la casa di Pablo Nerudo, ed è quindi Poesia, ma è anche storia e protesta, quella di Victor Jara Martinez, cantautore, poeta ed attivista politico vittima della dittatura di pinochet, un senso di nostalgia pervade tutto l'album, ma è presente anche una speranza, una promessa, quella che invade tutti i viaggi, la scoperta di un nuovo orizzonte, l'incertezza e il fascino del domani che incerto si mostra appena.
Dopo 12 anni di attività i Calexico ritrovano la strada e confezionano un album introspettivo e nostalgico che può evocare scene di paesaggi infiniti immersi nella luce e nel calore, ma che in un attimo può riempirsi di visioni cariche di tensione, dove "Man made lake" suggerisce un crepuscolo in cui tutto è a riposo prima dell'apocalisse ed in "Slowless" Burns duetta con Pieta Brown, accompagnati da una chitarra slide scattano la fotografia che è l'essenza di un luogo, il deserto, "Contention city" è una brezza calda che porta con pigrizia ad una idilliaca letargia, con la collaborazione di Doug McCombs dei Tortoise, "House of Valparaiso" è la tipica canzone in stile Calexico con tromba mariachi e il controcanto di Sam Beam degli Iron and Wine.
Il sesto album dei Calexico ci riporta il vecchio sound della band, quel magico mix fra indie-rock e alt-country che in passato aveva entusiasmato, ma porta anche dei dubbi e dei sospetti, a volte è come se i pezzi di "Garden ruin" tornassero travestiti per far contenti i fan, ma questa è un'altra storia e quando le splendide note di "Red blooms" mostrano che una musica malinconica può riempire la stanza illuminata da una fievole luce e che l'immagine del deserto può riempire il cuore, si comprende che la musica è arte e l'arte non è soggetta a leggi economiche se viene analizzata al di fuori di criteri spazio-temporali.
"Carried to dust" non è rivoluzione e non è innovazione, ma un semplice ritorno, l'affermazione di una band che viene a prendersi ciò che è suo e che al di là di tutto può suonare meravigliosamente suggestivo.
"Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marca o colore dei vestiti,
chi non rischia,
chi non parla a chi non conosce.
Lentamente muore chi evita una passione,
chi vuole solo nero su bianco e i puntini sulle i
piuttosto che un insieme di emozioni;
emozioni che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno di uno sbaglio un sorriso,
quelle che fanno battere il cuore
davanti agli errori ed ai sentimenti!
Lentamente muore chi non capovolge il tavolo,
chi è infelice sul lavoro,
chi non rischia la certezza per l'incertezza,
chi rinuncia ad inseguire un sogno,
chi non si permette almeno una volta di fuggire ai consigli sensati.
Lentamente muore chi non viaggia,
chi non legge,
chi non ascolta musica,
chi non trova grazia e pace in sè stesso.
Lentamente muore chi distrugge l'amor proprio,
chi non si lascia aiutare,
chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna.
Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,
chi non fa domande sugli argomenti che non conosce,
chi non risponde quando gli si chiede qualcosa che conosce.
Evitiamo la morte a piccole dosi,
ricordando sempre che essere vivo richiede uno sforzo di
gran lunga
maggiore
del semplice fatto di respirare!
Soltanto l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di
una splendida
felicità."
"Pablo Neruda"
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