Reduci da molteplici, non sempre completamente a fuoco, artistique cooperatzioni con folta pletora di sound-riders appartenenti alla medesima verticistica indie/contemporaneità, il corposo sestetto-Calexico, supportato sempiternamente dalla dinamica City Slang, reclama a sommessa voce, l’attenzione dei propri verosimilmente crescenti aficionados, ammaliati dai five intriganti precedenti lavori et grazie alla stimata sound-proposta in essi contenuta, con undici nuove appassionanti, spesso leggiadre, se non sempre meravigliosamente coinvolgenti tracc(i)e, costituenti lo scorrevole et giammai banale camminamento tra rovine poste in essere nell’intrigante et contemporaneo sound-garden.
Per taluni versi et a superfitziale ausculto, il floreale e maggiormente quanto volutamente pop tragitto intrapreso, parrebbe evidenziare una crescita direzionale di segno audio-“normalizzatrice” nella fin quì rodata et collaudata sostanza Calexicana, spesso arricchita, in passato, da suono-mescolatorie oltreché “di confine” esperienze. Trattasi vice/versa di lavoro dotato di una personalità ampiamente definita, solidamente intriso da timbriche e tonalità sobrie, affabili, spesso meravigliosamente quanto tremebondamente chiaroscurali, grazie altresì ai ricercati quanto piacevoli intrecci vocali posti in essere et in appropriata evidenza nel corso di parecchi brandelli presenti in quodesto nuovo contesto.
La affiatata coppia Burns/Convertino, anche in questa occasione, qual che sia la audio-materia posta in essere, persevera nel dimostrare una riconoscibile ed elevata songwriting-qualità, frequentemente prossima (nel suo mica tanto ristretto ambito) alla semi-perfezione: ad onor del vero qualche sparuto passaggio (leggasi "Luckey Dime", assai deboluccia) non affascina integralmente, mais trattasi esclusively di sporadici quanto non decisivi frammenti la cui presenza non vanifica affatto il considerevole lavoro posto compiutamente in essere. Una significativa intensità emotiva si pone in compiuta evidenzia nello scorrere delle fresche et inedite brevi canciònes (appena quaranta sono i primi che ne compongono la totalità), prospettando un quadro acustico spesso pennellato ad ampie quanto tenui tinte, privo di inappropriate quanto duro-spigolose suono-emissioni: un’intelaiatura “ordinata” (non banale, sia claro), ove i suono-tasselli appaiono reale/mente nella naturale e appropriata disquo-collocatzionem: si prenda a titolo di example la sommessa quanto emozionante “Brisbee Bee” e le sue eleganti commistioni di violini e fiati, uniti alle note vocalità confidenzial/Burnsiane, con a làtere le chitarre acustico/grattugiate a far da impreziosente contorno.
Arrangiamenti et timbriche vengono certosinamente und sapientemente soppesati e misurati, quasi si tema, in qualche misura, di ledere gli altrui integerrimi padiglioni auricolari: “Roka” attrae sottilmente in virtù dei gentili ricami canori tra Mister Burns e Catalunyca (in temporaneo "prestito") oltreqùé gentile Senhorita Amparo Sanchez, su perfetto substrato acustico generato dal coinvolgente melange fra frizzanti chitarre e trascinanti ritmi e fiati mexicaneggianti; vanno altresì poste in adeguato risalto, in tutt'altra suono-direction, le più qùé riuscite sferzanti elettrificazioni chitarristiche contenute nella avvincente e assai vitale “Letter to Bowie Knife” o nel moderatamente graffiante atto conclusivo “All Systems Red”.
In conchiusura, pare configurarsi, seppur struttural/differentemente dal passato, la ennesima riuscita quanto compiuta Calexico-conferma: un'opera sentita, spesso profonda, non particolarmente generosa ma decisamente intrigante, come peraltro si positivamente auspicava da parte dei "nostri" Tucson-strimpellatori di (s)fiducia.
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