“Ma i giorni della tua vita saranno giorni d’affanno, quell’affanno che è la più duratura delle impressioni, come il cipresso è il più resistente degli alberi. Le ore della tua felicità sono passate; la gioia non si raccoglie due volte nella vita, come le rose di Pesto che fioriscono due volte l’anno”.

(“Morella”, E. A. Poe)

Era il lontano 2002 quando uscì il meraviglioso e oscuro gioiello chiamato "Televise", ad opera dei Calla, texani d'origine, ma emigrati a Brooklyn per poter dare un seguito adeguato alla loro musica.

Un disco che non ha deluso le grandi aspettative nutrite all'epoca dalla stampa specializzata, che da tempo li aveva individuati quali next big thing del panorama underground di un certo livello dell'East Coast, nell'attesa della conquista del mondo intero. Le previsioni degli addetti ai lavori erano supportate e avvalorate dal fatto che il trio americano fosse stato contattato da nomi quali Nick Cave & the Bad Seeds, Sigur Ros e Godspeed You! Black Emperor con la proposta di averli come opening act nei loro tour, lusinghiera circostanza che non capita proprio a tutti.

In "Televise" Aurelio Valle (voce e chitarra), Sean Donovan (basso, tastiere e programming) e Wayne Magruder (batteria e programming) avviluppano e stringono l'ascoltatore in una carezza graffiante, fatta di suoni aggressivi e dolci, dove il noise si contrappone a delicati silenzi, e le dissonanze dei feedback si stemperano in atmosfere cariche di sospiri scuri.

Furia e voluttà, passione e distacco, emozioni senza nome nutrite da feroci attacchi di chitarre spigolose: tutto questo e molto più, offerto in un mood molto minimale, con canzoni quali "Strangler", ad aprire le danze dei trapassati, dove la voce languida e sensuale di Aurelio (il classico bello e dannato) vi immergerà in uno stato di compiaciuta infelicità: "See what you've done/I would give anything, anything/Just to see it happen to you/I can get the same effect, if you strangle me". Per proseguire con "Customized", un viaggio nell'intrico ambivalente delle emozioni umane, mentre "Televised", straniata e contorta, lascia presagire una certa influenza blues appena accennata, e resta di continuo in bilico tra apatia e pathos, caratteristica che fa da linea guida a tutte le tracce presenti nell'album. E ancora "Monument", torturata canzone d'amore e morte, che vede protagonista il fantasma di un'amante assassinata (chissà da chi): "Last night I swore I saw her come to me in a dream/Like a storm forming/Father, will she come again?".

Un disco malinconico e dolce, violento, sospeso nel nulla, con un incedere lento e passionale, che vi porterà ai limiti del baratro e vi sospingerà a lanciarvi nel vuoto, in caduta libera: questo è, in sintesi estrema, "Televise". Musica rock che ridimensiona l'idea che il rock sia solo divertimento e voglia di fuga.

Assolutamente da avere!

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