Vita da duro, da fuorilegge, quella di questo rocker texano adottato dalla Francia. Avrebbe voluto fare un disco da quando aveva vent’anni, ma a quell’età era in galera per rapina a mano armata e così ne ha impiegati altrettanti per diventare un vero musicista. Il suo volto è una serie di piste automobilistiche letteralmente scavate dagli eventi che gli sono piovuti addosso come macigni, la sua musica è lo specchio della sua vita sofferente e dannata, le sue canzoni sono come spine nel fianco dei benpensanti, quelli che considerano gli ex-galeotti solo come uomini reietti e senza cuore, destinati unicamente a una vita disperata e deragliata. Ovviamente da uno così, che a 55 anni ha una faccia che ne dimostra almeno venti in più, non può che venire fuori un rock’n’roll selvaggio e carnale, un blues che sembra arrivare dagli inferi. Anche il puritanesimo americano gli ha impedito di incidere fino ad età piuttosto avanzata, però si sono accorti di lui i francesi che all’inizio degli anni ’90 lo hanno praticamente adottato fornendogli un contratto discografico con la casa New Rose, che gli ha permesso di incidere alcuni dei migliori dischi di rock-blues di tutto il decennio.

Un buon Bignami per chi non conoscesse le doti di questo texano di Austin e per chi detestasse le antologie, (ce n’è una buona, “This Is My Llfe”), è sicuramente questo live registrato a Parigi e che si intitola “Le voyager”. Risale al 1993 e contiene i suoi migliori pezzi dei primi tre album in versioni assolutamente esplosive, con una band rodata alla perfezione e con interpretazioni assolutamente all’altezza della situazione. Già il primo pezzo (un furibondo rock’n’roll) ha un titolo esplicativo: “Living On The End Of A Gun” (“Vivendo sulla fine di una pistola”), poi il resto è un susseguirsi fra caldi rock-blues (quelli di “Crossroads”, di “Crack in Time” e di “One Meatball” sono assolutamente strepitosi, consigliatissimi a tutti gli amanti del genere, soprattutto in quest’ultima c’è uno stacco di chitarra e batteria che con me ha sempre fatto il suo dovere) e ballate (su tutte la cover stoniana di “Play With Fire”).

Non c’è molto altro da aggiungere se non che il rock’n’roll regna sovrano su tutte le sfumature di questo live un po’ misconosciuto per la verità, ma che merita senz’altro l’attenzione e l’ascolto di ogni vero appassionato di rock. Anche perché la musica di Calvin Russell è sempre andata di pari passo con la sua vita.

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