Camaròn de la Isla - morto prematuramente di cancro nei primi anni '90 - è stato una leggenda del canto del Flamenco, a lungo collaboratore di Paco de Lucia. Considerato un Dio dal popolo Gitano e dagli appassionati di Flamenco in generale, a questo punto potremmo metterlo alla stregua delle rockstar più blasonate, soprattutto quelle le quali hanno condiviso con de la Isla la scomparsa prematura, venendo propiettati così nella leggenda. Quest'album - album scritto su delle liriche di Federico Garcia Lorca - è un prodigio che mischia Flamenco, Latin Rock, Jazz e Progressive. Alla chitarra c'era Tomatito, altra leggenda del Flamenco e del Latin Jazz in generale.
La title track funge un pò da traino, ed è sicuramente il pezzo di punta del disco, con dei tempi da Jazz e cascate di Moog su armonie da Flamenco; in cui la voce di de la Isla, veramente la voce di un popolo, si interseca prepotentemente con questo menjunje sonoro. L'album fila liscio a cavallo tra contaminazione e tradizione: Flamenco puro come in "Homenaje a Federico". Con "La Tarara" arriva forse il pezzo più variegato del disco: una ballata Latin Rock in cui piano, piano elettrico, moog, chitarra elettrica e chitarra spagnola la fanno da padrone. Altra contaminazione arriva con "Volando Voy", un gustoso Pop/Rock Latino - non pensate al "Pop/ Rock Latino" moderno di gente come Ricky Martin eh, mi raccomando eheheh - sempre flamencato a metà tra i Gypsy Kings che verranno e Santana. Un'altra cosa che cattura l'attenzione dell'ascoltatore, è sicuramente la vicinanza delle atmosfere del Flamenco di de la Isla con il Maghreb - del resto era andaluso, e se la matematica non è un'opinione, non lo è manco la geografia; e a quanto mi risulta, l'Andalusia è ad uno sputo dal Maghreb eheheh... -, questo grazie a "Nana Del Caballo Grande", mettendo anche in questo modo e sotto questa luce la vicinanza non solo geografica tra il Maghreb e il Sud della Spagna. Ci sono altri pezzi degni di nota, come ad esempio "Tangos De La Sultana", ennesima perla Gitana. "Bahía de Cádiz", grazie ai suoi fraseggi, raccoglie e trasporta in chiave moderna l'eredità di certa musica classica spagnola di autori come Isaac Albéniz ad esempio.
Ho sempre avuto un debole per queste contaminazioni. Non era di certo una novità mischiare queste sonorità, perchè già Chick Corea e Al di Meola ci avevano già pensato in qualche modo; ma quello di Camaròn de la Isla è stato il primo esperimento di un artista che veniva dalla tradizione del Flamenco puro. Andando a memoria, neanche Paco de Lucia aveva "osato" tanto fino a quel momento. Se c'era qualcuno che in qualche modo aveva dato vita a sperimentazioni del genere molto vicine a quello che farà in seguito de la Isla con quest'album, sono stati sicuramente i Carmen, gruppo cresciuto sotto l'ala di Tony Visconti, il quale diede alle stampe il primo "Fandango in Space" con dei pezzi come "Bulerias" e "Bullfight" in cui si percepisce una grande unione tra Flamenco e Rock Progressive; il tutto condito con dei gustosi vocalizzi - anche grazie alla cantante femminile, il tutto assumeva un'aria alla Jefferson Airplane o alla Mamas & Papas -, che fanno molto Summer of Love. Camaròn: una voce struggente, la quale racconta molto, se non tutto, delle disgrazie e delle passioni del suo popolo. Diffidate dalle imitazioni, e se lo dice uno con il nick come il mio... :D
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