Dopo lo splendore progressivo della prima metà dei '70, la musica vive i suoi anni oscuri. La "rivoluzione" punk travolge tutto come una marea, lasciando dopo il riflusso solo ricordi confusi; allo scadere del decennio, cominciano a fare capolino le tendenze pop-elettroniche che saranno la disgrazia degli Ottanta e che infetteranno la musica per sempre. In mezzo a tutto questo alcuni gruppi, tra cui i Camel, veleggiano solitari.

"Breathless", del 1978, è il loro sesto album; la formazione è per tre quarti quella storica, ma al basso e alla voce c'è Richard Sinclair dai Caravan, mentre il grande Mel Collins, dopo "Rain Dances", è promosso a membro effettivo. Il suono, nonostante i due nuovi membri apportino un certo cambiamento, è ancora tipicamente Camel: scorrevole, preciso, spesso fantasioso, a volte frenetico, ma è indubbio che qui non si ritrova l'impatto dei loro primi lavori. Rimangono le lunghe divagazioni strumentali, ora di stampo un po' più jazzato, ma le atmosfere fantasy e oniriche hanno subito un netto ridimensionamento, mentre è chiara la tendenza a comporre materiale più conciso e accessibile, adatto ai passaggi radio.

Il disco si apre con la title-track: una canzone molto dolce, lontana dai tipici canoni progressivi, impreziosita dal delicato arpeggio di Latimer, dal canto di Sinclair ma soprattutto dai fiati di Collins (credo sia clarinetto..) che disegnano una melodia semplice ma molto suggestiva. Con Echoes ci imbattiamo già in quello che considero il capolavoro del disco e che si guadagna sicuramente un posto fra i grandi classici della band. E' un lungo brano (7 minuti), con una potente e stupenda introduzione strumentale dai toni sublimi ed epici, dove si susseguono diversi temi e scansioni ritmiche e si possono apprezzare gli incisi al sintetizzatore del grande Bardens, gli assoli di Latimer e il drumming raffinato di Ward. Le brevi liriche sono molto affascinanti e cantate splendidamente, e c'è anche un breve assolo di tastiere che conduce il brano alla gloriosa conclusione. Un pezzo magnifico, credo tra i migliori dei Camel, che giustamente d'ora in poi troverà sempre posto nei loro live-set.

Dopo una simile bomba, Wing And A Prayer fa quello che può; è un brano leggero e piacevole, senza pretese, con un simpatico riff di organo, chitarre un po' hawaiane, un assolo di Collins e un diligente lavoro della sezione ritmica. Down On The Farm invece è molto divertente e bizzarra, con un'atmosfera ripresa dai cugini Caravan, rumori di animali e trattori in sottofondo, schitarrate hard e precise scansioni ritmiche di Latimer. Il testo, manco a dirlo, descrive la lieta vita della fattoria. Starlight Ride è un breve bozzetto essenzialmente per canto e chitarra, con contrappunti di fiati che creano un'atmosfera quasi medievaleggiante.

Un'altro pezzo forte dell'album è Summer Lightning, caratterizzato da una scansione molto "disco" di chitarra e batteria; Bardens si concede un assolo cristallino di synth, mentre nell'ultima sezione è Latimer a farla da padrone, con un assolo molto bello di chitarra sulla dissolvenza finale. Eccellente la prova di tutti i musicisti, anche nel cantato.

Il brano successivo rappresenta l'unica grave caduta di tono. You Make Me Smile è una canzoncina insipida, quasi inaccettabile da parte di un gruppo come i Camel. Un fastidioso riff di basso sintetico scandisce tutta la canzone, e anche se un assolo di Bardens risolleva un po' la situazione, il pezzo rimane irritante. Altro brano lungo, l'unico completamente strumentale del disco, The Sleeper inizia con una melodia eterea disegnata da chitarre e tastiere, per poi esplodere in riff jazzati molto belli; Bardens si cimenta in un assolo, Collins si inserisce con consueta autorevolezza col suo sax e in seguito arriva l'intervento solistico di Latimer, che innalza il brano sullo scandire preciso del basso e il drumming variegato di Ward per poi restituire lo scettro a Bardens; un'altra prova eccellente.

In conclusione troviamo la suadente è un po' melensa Rainbow's End, con la voce a volte troppo zuccherosa di Sinclair su di un tappeto di sintetizzatore e pianoforte, ma anche qui i fiati di Collins danno personalità al pezzo, epico e malinconico insieme; peraltro è questo l'addio di Bardens, che chiude così la sua lunga avventura coi Camel. Dopo una carriera solistica in ombra, si spegnerà per un cancro ai polmoni il 22 gennaio del 2002.

Il mio giudizio sul disco è più che buono. Non è certo un picco nella loro discografia, ma i cinque musicisti mostrano grande sintonia, il cantato di Sinclair trova più spazio, Collins fornisce un tocco di classe innegabile. Personalmente sono molto affezionato ai Camel e devo dire che "Breathless" non mi ha affatto deluso. Anzi, è un tentativo coraggioso e alquanto riuscito di perseverare su di una strada che il mondo musicale aveva dimenticato e che la critica ha deciso di ignorare; in mezzo a tutte le difficoltà e le pochezze del periodo non si poteva forse chiedere molto di più. Su questo album le idee non mancano di certo, e perle come Summer Lightning, The Sleeper e soprattutto la magica Echoes attendono solo, a distanza di trent'anni, di essere riscoperte.

P.S. Abbiate pietà, è la mia prima recensione..

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