La cosiddetta Scuola di Canterbury ha svolto un ruolo di estrema importanza nello sviluppo della musica rock anni ’70. Fin dagli esordi, artisti come Soft Machine, Caravan e Gong avevano cercato di coniare un genere musicale che fosse un’alternativa allo stile classico-barocco proposto da gruppi come Genesis, Yes o ELP, e bisogna dire che c’erano riusciti in maniera piuttosto convincente. La prerogativa principale della Scuola di Canterbury consisteva nella sperimentazione sonora costruita su divagazioni strumentali di stampo jazz, secondo le lezioni impartite da Miles Davis. Una filosofia musicale di cui erano stati i massimi esponenti Robert Wyatt e i Soft Machine.
I Camel, anch’essi formatisi a Canterbury, entrano in scena con netto ritardo rispetto ai loro “colleghi” citati precedentemente, e pubblicano il loro primo LP “Camel”, soltanto nel 1973. Un album discreto che non riscuote il successo sperato, ma riesce comunque a mettere in mostra le doti dei singoli componenti: Peter Bardens (tastiere) e Andrew Latimer (voce, chitarra, flauto) in primis; con un occhio di riguardo alla sezione ritmica (Andy Ward - batteria e Doug Ferguson - basso) fondamentale per l’evoluzione del sound della band. Tutta la grinta e l’originalità dimostrate nell’ esordio giungono a maturazione l’anno seguente (il 1974), con la realizzazione del loro capolavoro “Mirage”. Un LP che già dalla copertina (l’immagine delle celebri sigarette Camel), si presenta estremamente interessante, sia nei contenuti che nella forma. Il disco è costituito da cinque tracce musicalmente ben articolate e correlate tra loro da tematiche "fantasy", perlopiù ispirate ai racconti di Tolkien:
- Freefall è un brano aggressivo e ritmato in bilico tra progressive e hard, dove l’ organo Hammond e la chitarra elettrica fanno da padroni mettendo in evidenza la bravura di Bardens e Latimer.
- Supertwister è una piccola parentesi strumentale costruita su misura per il flauto di Latimer, che è libero di spaziare all’ interno di un ritmo perfettamente dettato dal basso e dalla batteria.
- Nimrodel/The Procession/The White Rider rappresenta uno dei pezzi forti dell’ album. Si tratta di una suite di 9 minuti divisa in tre parti. Il brano viene introdotto da un fraseggio tastieristico e da una marcia medievale (eseguita con flauto e batteria), per poi sfociare in una piccola sequenza malinconica, e in una successiva esplosione strumentale dominata dalla chitarra e da un assolo dell’ottimo Bardens al sintetizzatore Moog.
- Earthrise è una furiosa divagazione strumentale, ricca di virtuosismi e di tecnicismi eseguiti da parte di ogni membro del gruppo. Qui, come in Freefall, si viene a conoscenza della componente hard che caratterizza la musica dei Camel, riscontrabile soprattutto nei primi due album.
- Il brano finale Lady Fantasy rappresenta la summa dell’intero disco. Anch’essa, come Nimrodel, è una suite divisa in tre parti, ma, a differenza di questa, risulta più variegata e meglio strutturata. L’inizio è devastante, come, del resto, l’intera struttura del brano, costituita da passaggi lenti e rapidi, che si susseguono e si alternano tra loro in maniera superba. La parte migliore, però, porta la firma dell’ onnipresente Peter Bardens, il quale esibendosi in un pregevolissimo assolo (stavolta non più al Moog, ma all’Hammond), dimostra di essere uno dei tastieristi più versatili e grintosi degli anni ‘70.
In conclusione bisogna affermare che era doveroso rendere omaggio ai Camel e al loro capolavoro “Mirage”, un album vario, particolare e profondamente ispirato come pochi; un vero e proprio punto di riferimento per il progressive e per l’intero panorama della musica rock. Forse l’unica pecca di questo disco riguarda le parti vocali, che non risultano sempre all’altezza della situazione; ma del resto, la musica dei Camel si basa più sull’utilizzo degli strumenti che sull’utilizzo della voce. Per cui in definitiva, si può dire che questo album è perfetto così com’è stato concepito.
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