Bene: chi non conosce l'opera enorme di Cannonball Adderley, uno dei maggiori esponenti del jazz di tutti i tempi, può agevolmente cominciare da questo disco. Gli conviene. Cannonball era musicista particolarmente attento a conversare col pubblico, ad intrattenere e far star bene, in prima persona, la gente tra un drink e l'altro ("Let's have a good time, ladies and gentleman, with one of our favorite people… Cannonball Adderley" e giù risate… ). Tutto ciò con il suo personale e godibile approccio soul-jazz: una musica viscerale e swingante ma cerebrale, studiata e fine "quanto basta" per tappare la bocca alla critica più snob. Musicista capace ed inventivo "quanto basta" per farlo entrare a pienissimo titolo nel sestetto d'oro di Davis assieme a Trane, che gli fungeva da alter ego ed al quale avrebbe insegnato molto in termini di espressività, dinamica, grinta e senso dello stage. Nota di colore: il soprannome Cannonball non gli derivò dalla stazza pur imponente, ma dalla sua voracità nel mangiare, caratteristica grazie alla quale i compagni di scuola scherzosamente lo chiamavano "cannibal", che poi grazie alle storpiature sarebbe diventato "cannonball".

Tornando a noi, un piccolo prologo: il disco di C. A. "Mercy mercy mercy" (sempre del 1966) seppur risulti ufficialmente registrato al "The club" in Chicago, fu invece catturato negli studi Capitol davanti ad un pubblico numeroso reclutato per l'occasione. Poco male. Fu lo stesso Cannonball a chiedere autorizzazione al gestore del locale per poter in ogni caso scrivere "Captured live at The Club". Ciò sia per ragioni di business, in quanto all'epoca quella era la sua "main gig", sia per ragioni sentimentali: in quel club, quand'era ragazzo egli andava a sentire Fletcher Henderson suonare. Purtroppo grazie al fatto che "Mercy" vendette uno sproposito, nonostante gli sforzi ed il notevole risultato delle vere sessioni al "The Club" che costituiscono "Money in the pocket", esso restò nei cassetti della Capitol Records per anni (misteri dei discografici); dimenticato negli archivi, come album nella sua integrità, tranne per l'episodica pubblicazione di quattro brani messi su 45 giri nel corso degli anni. Di fatto, l'album è stato messo insieme e commercializzato dopo venti e più anni dalla registrazione da Michael Cuscuna, produttore discografico; preso direttamente dai preziosi nastri della sessione, riesumati per la bisogna.

1) "Money in the pocket" deriva il suo nome dal fatto di essere costituito essenzialmente da un riff assolutamente accattivante e "groovy" che, nell'intuito saggio di Cannonball, gli avrebbe portato un sacco di denaro in tasca. Nessun commento è necessario; quando lo ascolterete sentirete le ginocchia partire ed il piedino battere.

2) "Stardust", noto standard, è il tappeto giusto per una serie di bellissime convoluzioni e sapienti fraseggi di un Cannonball in forma smagliante al sax e di Joe Zawinul al piano, supportati, come in tutto il disco, da Roy Mc Curdy, batterista del gruppo da sempre, ed Herbie Lewis al contrabbasso, che sostituisce più che degnamente in questo disco il titolare Victor "The prince" Gaskin. In questo brano non suona Nat Adderley, fratello e fedele sodale di Cannonball.

3) "Introduction to a samba" costituisce un bello stacco rispetto alla media. Atmosfere cubane ed unisoni precisi tra sax e tromba, con un tappeto di ritmica che esegue anche alcune scale arabiche. Il tempo è in due, su un giro orecchiabile e denso di note. Tromba di Nat a livelli di tecnica ed espressività impensabili per i comuni mortali già allora. Nat era trombettista abilissimo, personale ed inventivo; versato sia nelle note "sparate" in alto che a più largo spettro.

4) "Hear me talkin' to you" è un medio swing alla Horace Silver. Rilassato e giocato anche qui su un tempo in due, con un opportuno "ostinato-con-break" alla fine del giro che caratterizza e funge da punto di ri-partenza. Ti acchiappa per gli zibidei e ti trascina nel centro della stanza.

5) "Requiem for a jazz musician" è l'omaggio di Joe Zawinul a tutti i musicisti, noti o meno, morti vittime della droga, piaga che in quegli anni imperversava e falciava alla grande tra gli esponenti delle arti tutte. Non ci aveva pensato nessuno sino ad allora e ci ha pensato lui. Brano lento e significativo; molto "composto" nell'esecuzione, interpretato quindi con assoluto rispetto, sentimento e concentrazione. Si percepisce qui fortemente il seme dello sviluppo futuro del jazz dei prossimi anni settanta. Presagi di VSOP. Assolutamente. Cannonball, Nat & C. suonano ogni nota con convinzione. Come nel resto dell'album. Bella varietà di scelte tematiche caratterizzano il CD tutto.

6) "Cannon's theme" in effetti non è altro che la ripetizione ad libitum della "A" del brano "Unit seven" di Sam Jones (contrabbassista che ha spesso suonato con i fratelli Adderley) che Cannonball usa in genere come sigletta-blues di sottofondo per poter conversare col pubblico. In questo caso egli lascia spazio ad un bellissimo assolo di Herbie Lewis per poi presentare i membri della band. Due minuti di pura emozione soul-blues.

7) "The sticks" è un veloce "giretto" blues accattivante che Cannonball si è tirato dietro senza titolo sino a quando ha visto una sera che alcuni componenti dell'audience battevano il tempo appresso alla band con delle stecche (sticks, appunto) e "that's it"!!! Per noi, allegria e buonumore tornano nell'aria dopo il "Requiem".

8) "Fiddler on the roof". Be', se finora abbiamo comunque gustato varia e stupenda musica, nonchè apprezzato le oggettive doti dei singoli, adesso per 10:22 ascoltiamo di che cosa fosse veramente capace questa band: il "violinista sul tetto" (fiddler) viene evocato dal sax, subito dopo l'introduzione di contrabbasso e batteria su un tempo medio-veloce, con l'esecuzione del tema che è una lunga scala tipica di un ipotetico violinista folk eseguita dal sax. Subito dopo c'è lo scatenarsi di una sequenza di assoli con frasi veloci, taglienti e concentratissime; si alternano il bandleader, poi Nat ed a chiudere Zawinul che in questo pezzo esplode letteralmente, suona e cita (Salt peanuts) come un matto. Un vero e proprio treno: irresistibile e trascinante palla di fuoco che non riuscirete a fermare. Non mettetelo su al mattino se state lì lì per andare al lavoro: perderete il pullman (esperienza personale)!

In sostanza, il bello del jazz degli anni sessanta / primi settanta oggi è che oramai queste cose preziosissime e belle si trovano a quattro soldi e costituiscono un ideale "tappeto" su cui fondare e costruire uno zoccolo duro di gusto e conoscenza jazzistica per le nuove generazioni.

Accattataville, guagliò. ;-) V.

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