Come avevo già menzionato in una recensione scritta in tempi non sospetti, uno dei videogiochi che ha letteralmente prosciugato il mio modestissimo conto corrente aperto alla "Banca Popolare dell'Infanzia" è stato "Ghost ‘n goblins". Devo, con una piacevole costrizione e un pizzico di commovente amarcord, annoverarlo tra i mattoni che compongono il muro della mia vita, oltre che tra i più bei videogiochi creati sulla faccia della terra.

Prima metà degli anni '80. Tipico paesino del meridione dove contano e "comandano" in ordine di importanza: sindaco, prete, farmacista e maresciallo dei carabinieri. Si gioca in strada prevalentemente a calcio, nascondino, acchiapparello e, per includere le ragazzine, color color. Anche perché c'è ben poco per rimanere chiusi in casa a rincoglionirsi (ed era meglio così). Al bar di Vincenzo, per gli amici "Vogliamoci bene", grazie ai prezzi astutamente proletari, furoreggiava questo dannato "videogioco del cavaliere" al costo di 200 lire a partita. E lì, nella stanzetta adiacente allo spazio principale del bancone, dove gli anziani giocavano a "padrone e sotto" consumando ettolitri di Peroni, centinaia di N80 et/aut Nazionali senza filtro, e aneddoti di vita vissuta, spadroneggiavano, per la gioia dei più piccoli, un flipper, un biliardino e tre videogiochi tra cui LUI! Il più grande corruttore di minorenni! Fonte di colossali pavoneggiamenti e proverbiali  incazzature. Il "Ghost ‘n goblins"! E via ad inserire fiumi di monetine!

Gli elementi di ilarità che costituivano il corso di una partita media erano: la statuetta del re o il palloncino biancorosso, denominati rapidamente "Diecimila punti", il pugnale, la migliore arma in dotazione e l'armatura, assolutamente introvabile se non grazie ad alcuni trucchi scoperti e diffusi da non si è mai saputo chi. Quelli di solenne incazzatura, evidenziati da una solenne ridda di invettive erano invece: la fiaccola, l'arma peggiore che ti potesse capitare, quella maledetta "testa di limone" del diavolo, i pipistrelli e, limitatamente al primo quadro il vampiro che appariva dopo aver colpito dieci volte una lapide. Un buon punteggio se lo colpivi tu e un breve ma rischioso incantesimo che ti trasformava in rana se ti colpiva lui.

I "nemici" del gioco avevano assunto dei nomignoli affibbiatigli familiarmente da noi ragazzini, entrando indelebilmente nell'immaginario collettivo generale. Ad esempio, tutti, in paese, della mia generazione ovviamente, sapevano chi fossero gli "sparpaglioni" (il vampiro de quo), i "neon" (gli spettri che ondeggiavano tra il primo e il secondo quadro), i "salsicciotti" (i fantasmi armati di bastoni bianchi, effettivamente di tal forma, che apparivano poco dopo i neon), gli "zii imbecilli" (ossia i giganti calvi con un cuore tatuato sul deltoide che passeggiavano sui piani di una casa abbandonata), la famigerata "capa ‘e limone" (lo stramaledettissimo diavolo) e i "ghiaccioli" (i fusti di ghiaccio presenti nelle grotte carsiche che si difendevano scagliando sfere blu)... Seguivano poi nei commenti del dopopartita, se si era riusciti a finirlo, chi ti aveva eliminato, se era venuto alla luce qualche altro trucco, quante parttite avevi fatto...

Uno dei più bei ricordi della mia infanzia e ne approfitto per ringraziare gli editors per aver creato questa nuova e interessante sezione nel sito.

A onor del vero, e mi "vergogno" a dirlo, non l'ho mai finito e mai ne ho visto il termine. Neanche rigiocandoci per alcune ore mediante il piratesco "Mame 32". Forse e meglio così. Il finale rimarrà avvolto nel mistero e magari se diventerò nonno, quando i miei nipoti giocheranno con supporti tipo "Minority report", rispolverando i videogiochi di una volta mi chiederò: "Ma alla fine, sto' cavolo di cavaliere l'ha salvata sta' cavolo di regina?"

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