Ho sempre pensato che Jim Morrison fosse molto più avanti della maggior parte dei suoi contemporanei e che stralci dei suoi testi, fossero destinati anche (o soprattutto) a persone delle generazioni a venire. Nel mio piccolo quindi, spero mi perdonerete se faccio mia la strofa “Carry me Caravan, take me away…”, per illustrare l’effetto che ha su di me la band dei cugini Sinclair.

Il loro jazz-rock fiabesco dalle tinte fortemente bucoliche, le loro melodie cristalline e solari che lubrificano anche le parti più progressive facendole scorrere fresche e vitali come un torrente di alta montagna e la gran classe con cui si avventurano negli episodi più squisitamente pop, riescono letteralmente a portarmi via. Non tanto nello spazio, ma piuttosto nel tempo.

Sorta di gustosa madeleine proustiana, I Caravan, alfieri dell’afflato più fruibile della “Scena di Canterbury”, hanno il potere di farmi rivivere sensazioni ed emozioni della mia infanzia e della mia adolescenza in cui lo sbigottimento e la curiosità anche per le cose più insignificanti (che in realtà, è bene ricordarselo, insignificanti non sono, nemmeno ora), rendeva le giornate avvolte in un perpetuo incantesimo.

L’ascolto di “If I Could do it All Over Again, I’d do All Over You”, diventa, per me, un tour nel passato: pezzi come “And I Wish I Were Stoned/Don’t Worry” e il medleyWith an Ear to the Ground you Can Make it/Martinian/Only Cox/Reprise” hanno la stessa ingenua esuberanza, fervida speranza e dolce angoscia di un ragazzo che si innamora per la prima volta o che si appresta ad esplorare un bosco misterioso. La gioiosa title-track fa il paio con “Hello Hello” e nella loro immediatezza e spensieratezza, sono limpide quanto lo possono essere gli occhi di un bambino. La “minuscola” “Asforteri”, pare essere una vera e propria conta che si faceva quando bisognava designare il ragazzo che, a nascondino, doveva cercare tutti gli altri.

I Caravan sanno però creare anche stati d’animo più “maturi”: “As I Feel I Die” è una galoppata progressive dove organo e chitarra scorrazzano a briglie sciolte e nella fantasia “Can’t be Long Now/Francoise/For Richard/Warlock” la lunga divagazione jazz-rock è insaporita da sax e flauto che rendono il pezzo simile ad un inestricabile e sorprendente labirinto a siepi.

La delicata chiusa di “Limits” mi riporta al presente, ma quando questo presente diventa troppo pesante o pressante so che posso sempre rifugiarmi qui, in questo disco. E’ importante, per me, ricordare come, da bambino, guardavo il mondo e cosa volete che vi dica: “Take me Caravan…Yes, I know you can”.

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