Per questa serie di recensioni, partirò da una corrente minore - se è possibile usare certe definizioni - del rock progressivo inglese, quella appunto legata alla scena di Canterbury, da cui "Canterbury Sound". Difficile, brutto e scorretto inquadrare in rigide "etichette" e classificazioni la musica, ma spesso per comodità anche di analisi (o per becere ragioni di moda e/o commerciali), si è costretti a farlo.

Tutto ha inizio,nella seconda parte dei '60 con i Wildflowers, gruppo ricco di idee ma poco conosciuto ai più, dalle cui ceneri nasceranno i Gong (con David Allen), i Soft Machine (con il grande Robert Wyatt e Kevin Ayers) ed i Caravan (con Richard e David Sinclair, Pye Hastings) che affronterò in questa recensione.
Ma cos'è questo suono di Canterbury ? E'una cosa che "'ntender non la puo' chi no la prova". Si potrebe semplificare dicendo che le caratteristiche più marcate sono melodie semplici (o rese semplici in apparenza..), armonie e spesso ritmi molto più complessi, atmosfere malinconiche, a tratti crepuscolari, romantiche ma mai smielate. Insieme agli Hatfield & The North, i Caravan rappresentano al meglio queste caratteristiche, limitando le improvvisazioni jazzistiche (Soft Machine), la psichedelia estrema (Henry Cow e Gong). Un perfetto equilibrio, che si manterrà almeno fino al 1974 (il loro primo disco è del 1968).

Non sto qui ad affrontare la storia del gruppo, chi ne volesse sapere di più può contattarmi o... farsi un giretto su internet. Mi concentro sul disco: il loro terzo album, dal titolo "In the land of Gray and Pink", pubblicato nel 1971 dalla Deram.
Credo che già la stupenda copertina presenti la musica più di quanto non facciano le mie parole: le atmosfere presenti nel disco sembrano materializzarsi nei colori rosa e grigio, nell'essenza fiabesca che aleggia in questo straordinario e fantastico paesaggio.

L'album si presenta subito con quello che diventerà uno dei cavalli di battaglia dei Caravan: la frizzante "Golf Girl", dove l'armonia si amalgama perfettamente con i fiati di Jimmy Hastings, la voce, in questo caso del bassista Richard Sinclair, il testo quanto mai sognante. E' un pezzo vivace, ma il suono Caravan c'è tutto. Ma maggiormente rappresentative a mio parere del Canterbury Sound, sono la splendida e malinconica "The land of Gray and Pink e Winter Wine", pezzo che fa emergere l'altro tratto caratteristico dei Caravan, uno dei loro marchi di fabbrica : i lunghi assoli di organo hammond, leggermente distorto, ma con una scelta di note molo particolare ad opera di David Sinclair, lontana dai canoni pentatonici e blueseggianti in voga in quel periodo. Nelle armonie, spicca un elegante piano e degli arrangiamenti per chitarre acustiche molto funzionali e puliti. Unisce il tutto, una linea di basso originale e che è uno dei fili conduttori del disco.

Ma il punto più alto dell'album, uno dei punti più alti non solo della scena di Canterbury ma di tutto il progressive inglese, è la suite "Nine Feet Underground", oltre venti minuti di fantasia, eleganza, grinta ed inquietudine, ricchissima di idee strumentali, dove le voci di R.Sinclair e di Pye Hastings si alternano alla perfezione. I ritmi cambiano soventemente ma sempre senza "traumi", le atmosfere sognanti e i testi surreali completano questo capolavoro. Qui, il suono Caravan si compie in tutte le sue caratteristiche.
A

questo punto, non rimane che l'ascolto di questo disco, meglio se in una serata, con una lieve pioggerellina tipica della cittadina del Kent.

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