Il padre di un mio amico per far mangiare una pietanza nuova ai figli piccoli si faceva portare solo a lui il piatto con quel cibo e agli altri la solita "sbobba" e in silenzio si cominciava a mangiare. Alché dalla parte non informata iniziavano i "perché": che cosa mangi papà? Non mangi quello che mangiamo noi? E perché? E il padre: questo non è per voi, non vi piacerebbe... Apriti cielo, i figli facevano a gara per assaggiarlo per primi. E così che il mio amico sin da bambino mangiava di tutto non trovandosi a disagio con capricci culinari. Ecco io oggi su questo disco che propongo vorrei fare la stessa cosa di quel genitore: questa musica non è per voi. Ascoltate le novità asettiche mascherate d'eccentricità del nuovo millennio; riscaldatevi in padella la pastasciutta del pranzo di originalità che non sono altro che ricicli, pure scotti; avallate forzature d'avanguardia che di nobile c'hanno solo i debiti su sperimentazioni passate che, come questa, si basano sullo psichico spinto, altro che atmosfere accattivanti.
L'appiglio da queste parti è negato, o meglio non è considerato perché si constata che per giocare realmente non si necessita di una controparte. Dualità cancellata, l'uovo di Colombo. Nel cogliere il momento atemporale viene a mancare l'illusione dello scandire il tempo. Le dilatazioni dei pezzi, che si susseguono con quadri astrali di diversa intensità di frequenza, ballano su una intersezione dove non si dà funzione alle cose.
L'ingannevole riverbero ambient del primo pezzo (Banteay Srey) viene disintegrato dalla reiterazione di un eterno ritorno di un ritornello inesistente provocando angoscia e soffocamento a chi è schizzinoso a trovarsi nel piatto un cibo che non conosce e rigetta, nell'insicurezza della paura di una cosa che mette in discussione le "certezze" di chi vive di solo pane. Al contrario scatena un gaudio celeste su chi ha sempre presente davanti a sé una portata gourmet di gusti affinati nel frequentare "delicatessen" magnetiche. La digestione cambia nel quanto si è pronti all'inaspettato.
Non etichettabile a nessun concetto acquisito ingannevolmente da un'educazione castrante aperture a visioni alternative che possono creare un collegamento col divino, il disco espleta, nel suo constatare eternità, di srotolare una beatitudine concreta senza fronzoli consolatori.
Spurio di scorie psicologiche e pesantezza di alberi genealogici si assenta dal verosimile contesto con un'abluzione impersonale. Nel trogolo battesimale affogano i residui del nostro monoteismo fuorviante visioni parallele, cirri di verità cancellano macigni di menzogne, "le colpe non sono in noi".
Volentemente compassionevole l'ascolto evolve nel non proporsi e nel collocarsi in un'evanescenza inclassificabile perché sempre in divenire, creando uno scudo verso un'erudizione inquisitoria ingannevole, destrutturizzando le sicurezze e le colpe in noi plagiate da pensieri indotti, la psiche non è adombrata ma irradia nettezza.
E per gli altri pezzi cambia l'approccio ma non cambia la sostanza. Si mistificano col suono reali scenari che sono intorno a noi ed agiscono in grande, dove, se si è coscienti, ci si lascia attraversare da quel mondo invisibile che ci circonda e di cui non sappiamo niente.
Impazzatamente coerenti col nulla vanno i rimbalzi e rotolamenti nella seconda traccia, "Mom's", condita da un burlesco incedere di "rumori di vita" che scatenano un'allegria raccapricciante, ipotizzando spiagge di Mari del Sud della nostra isola deserta.
In "Gadberry's" ghirlande di fiori galleggiano in piscine abbandonate, ma c'è anche la festa la sera sulla battigia tutti insieme intorno al falò. Davanti a noi il nero mare come dietro la scura vegetazione. Rincontriamo amici millenari e ridiamo del nostro disagio quando provochiamo la nostra invisibilità di fronte agli altri. L'atmosfera è frizzante. Saltiamo sopra il rogo che brucia le nostre inesistenze.
"Shing Kee" ci rilancia nell'oceano del "siamo ancora qui" dove quel ricominciare sempre ci allena a presenziare sempre più la palestra della vita confortandoci, per un giorno chissà, ad un cambio esistenziale dove sostituiremo il nostro veicolo biologico in chissà che, chi vivrà vedrà. Quindici minuti che sembra non finiscano mai, e non finiscono.
La stimolazione ultraterrena si completa con l'ultima suite, "Chao Nue" che ti fa dimenticare della forza gravitazionale che ti tiene ancorato con i suoi vizî al pianoterra e senza nemmeno che te ne accorgi ti regala un'esperienza astrale gratificante nella sua nebulosità. Si evolve poi in clangori implosi dove riverberi di allucinazioni future preparano una strada che non ha niente a che fare con l'ombra della luce che ritenevamo realtà. L'Odissea si ripete nel naufragare le intenzioni di esserci.
Dopo l'ascolto mi ritrovo scarnificato, pulito, essenziale... Una sacralità aliena mi avvolge: Io Sono Qui!
Carl Stone interviene intersecando universi attraverso i suoni che sono intorno a lui e che, come un geroglifico, si parte per la tangente di tradurli in essenza, in nutrimento per la nostra anima, in un linguaggio esperanto che risolve equivoci interiori e che fa crescere la consapevolezza dell'unità. La salita è ardua ma senza il sudore della fronte i risultati per conoscere se stessi saranno pari al lavoro cosciente messo sul piatto. Le rivelazioni non necessariamente risultano dolci.
Cruento nel suo impatto psichico Carl Stone presenta una portata con un gusto tutto da scoprire. Non c'è ego, non c'è dialogo interiore, il cristallino flusso sonoro non concede sponde, la precipitazione è una conseguenza dell'assenza, l'ammicco del talento è bruciato come una verruca da un azoto liquido che gela financo esaltazioni mistico egoiche. Ti dà il LA di dismettere in osceno un cambiamento all'approccio sulla realtà suggerendoti indirettamente che "bisogna ricominciare tutto diversamente".
Sofferenza e dolore sono assenti in questo raggiungimento di una dimensione che non nutre vampiri sussurratori. C'è una luce, a cui non siamo abituati, che rigenera la sete di gnosi verso l'assoluto. Come traspare l'antico dell'antico contemporaneamente è presente il divenire: tutto scintilla nell'immediato. In una fede incontaminata ci riconosciamo nel nostro Dio interiore.
C'è edonismo che non infetta, con attriti materialistici, il fuoco sacro di una motivazione trascendentale per una spinta verso il Salto. E il Salto si fa sempre ad occhi chiusi. Scordiamoci il San Tommaso che è in noi...
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