Ogni volta che si parla di Carla Bruni, l'indossatrice italiana più famosa degli anni novanta, si fatica a scacciare dalla mente l'inglorioso raffronto con il debutto musicale di Naomi Campbell Baby Woman del 1995. In quel caso la partecipazione attiva del fidanzato Adam Clayton, bassista degli U2, fu vista da molti come un'aggravante; la venere nera pagò con un sonoro fiasco per le sue velleità canore.
L'opera prima di Carla Bruni, Quelqu'un m'a dit del 2003, grazie ad una manciata di esili canzoni per sola voce e chitarra ha invece conquistato la Francia, patria d'adozione della modella nata a Torino in una ricca famiglia di musicisti, con oltre due milioni di copie vendute. Un po' come con la Bellucci i francesi, sciovinisti su tutto ma non sulla bellezza femminile, hanno immediatamente esaltato il discreto talento di Carla Bruni, eleggendola senza alcuna remora musa del bel canto d'oltralpe.
Il nuovo disco, cantato tutto in inglese, è un lavoro più ambizioso del precedente: al posto dei testi naif presenti in Quelqu'un m'a dit qui la Bruni si cimenta con poesie di importanti autori quali William Yeats ed Emily Dickinson. Il coraggio non le manca, ma in No Promises si ha l'impressione che l'incoscienza degli esordi sia diventata null'altro che calcolo. Pur di non deludere le aspettative dei suoi numerosi ammiratori Carla Bruni perde di vista il punto di forza di Quelqu'un m'a dit: un efficace lavoro di sottrazione che ci aveva offerto un pugno di canzoni semplici, ma sincere.
No Promises sarà anche sincero, tuttavia Carla ha probabilmente compiuto il celebre "passo più lungo della gamba", colmo dei colmi per una modella.
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