Autentico e fedele a se stesso. Carmelo Pipitone è camaleontico, rumoroso, intimo, grezzo, minimale o caleidoscopico, capace di raccontarsi senza filtri o ermetico. Chiede attenzione, obbliga a ascolti ripetuti per essere compreso, oppure tira fuori una “nenia” che ti rimane in testa per sempre. Carmelo Pipitone rappresenta perfettamente ciò che è il mestiere del musicista nell’era che viviamo; una missione di verità, un matrimonio di fatica e continua ricerca. Chitarrista dallo stile inconfondibile, conosciuto ai più per aver fondato insieme a Giovanni Gulino i Marta sui Tubi all’inizio degli anni duemila, ha vissuto da protagonista le evoluzioni della scena indipendente italiana; dagli “house-concerts” ai palchi del Primo Maggio, finendo persino su quello del Teatro Ariston a disturbare la Littizzetto in diretta nazionale. Con la sua band ha collaborato con dei veri e propri mostri sacri della nostra musica, da Lucio Dalla a Franco Battiato, ma soprattutto ha girato in lungo e in largo per anni lo stivale, ripetendo più volte lo schema “disco/tour”, senza sbagliare un colpo. Il suo amore viscerale per il proprio strumento, la sua competenza tecnica, la fisicità del suo performare non sono mai passate inosservate e anche negli episodi più pop della sua carriera è stato sempre integro, originale e riconoscibile. Dal 2014 è membro di quella che possiamo definire una “super band”, gli “O_R_K”, che lo vedono affiancato dalla sezione ritmica composta da Colin Edwin (ex Porcupine Tree) e Pat Pastelotto (King Crimson) e dal talentoso LEF, compositore e cantante dal timbro vocale cristallino e multiforme.
“Piedi in acqua” è il suo terzo album da solista, giunto dopo infinite collaborazioni e un percorso di scrittura denso di introspezione e ricerca. C’è una vera e propria mutazione tra “Cornucopia” del 2018, il successivo “Segreto pubblico”, del 2020 e questo album, uscito il 25 Gennaio del 2024. Quella che emerge dagli ascolti è Innanzitutto una dimensione maggiormente “solista”, in cui l’artista si “completa” nella stratificazione sonora, suonando (quasi) tutto il suonabile in prima persona e una scrittura lirica che abbraccia la tradizione cantautorale mantenendo riconoscibili la propria metrica vocale e il proprio timbro. La chitarra è suonata, usata come percussione, malmenata o sfiorata, ma è al centro di tutta l’estetica del’album. Si parte con “Tempo”, basata su un riff solare e un testo che vuole riconnettersi, contestualizzare temi e suoni del viaggio che stiamo iniziando. “Sono stato” parte con una lieve percussione e passa per aperture melodiche, da giudizi che sembrano autobiografici a qualche velata minaccia, tra una rima baciata e una bestemmia. C’è tanto da comprendere e dopo soli due pezzi l’impressione è quella di trovarsi davanti a un artista evoluto e che si è preso il tempo giusto per tirare fuori questa raccolta di pezzi così eterogenei ma ugualmente densi di significati. “Pinzeri”, scelta coraggiosamente come singolo di presentazione, si caratterizza per l’uso della lingua siciliana e - come dice il testo - è una dolce nenia, sembra una filastrocca “storta” ma racconta la profondità della mente, le notti insonni, i pensieri che arrivano e ci investono quando meno ce l’aspettiamo, lasciandoci bagnati di dubbi e incapaci di prendere sonno. “Veleno” alza l’asticella dell’emozione in maniera totale; tanta esplicita introspezione suona profondamente inedita ed è impossibile uscirne indenni, è un inno alla resistenza, alla ricerca della propria energia interiore. Con “Piedi in acqua” si rallenta, chitarra e voce assumono una forma quasi corale, tutto si apre e si acquieta, e l’acqua di cui si parla sembra scorrere davanti a noi, lenta ma mai rassicurante. “Meravigliosa” con le sue chitarre armonizzate sembra uscita da un disco de Le Orme, ma conoscendo un pò Carmelo in realtà ci fa pensare nella progressione finale anche un pò ai Ghost. C’è ancora l’immagine dell’acqua, la stessa al centro di “Le vesti non servono più”, che sembra un canto partigiano e colpisce per l’interpretazione vocale e la delicatezza del testo. Con “Il re è nudo” si torna per un attimo a immagini e sonorità già esplorate nei dischi precedenti, con un ritornello riconoscibile e le chitarre distorte. “Odessa” è splendida nella sua delicatezza, una ninna-nanna carica di amore ed emozione, coraggiosa ed esplicita, uno degli episodi più riusciti del disco. “Peste nera” guarda al modo in cui l’ideologia diventa devianza ed esprime disprezzo e pena, per una generazione che “non sa” e si perde il bello della scoperta dell’altro; è un punto di vista quasi paterno e umano, nonostante tutto. In “U riavulu” si torna alle origini, e non sono per l’uso della lingua siciliana, così potente, evocativa e musicale, ma per la chiarezza delle immagini e del suono. Un pezzo che in “full band” sarebbe devastante, ma che scuote anche così, senza sezione ritmica e con quell’urlo finale. “Altri mondi” e “Lamerica” ci accompagnano alla fine di questo viaggio, tra immagini nitide ed evocative e un suono quieto. Se è vero che la grande tradizione cantautorale del nostro paese ci aveva abituato ad artisti capaci di incidere nel presente con le proprie opere, raccontando il reale con un linguaggio popolare e con la forza della propria capacità musicale, questo disco di Carmelo Pipitone si candida a pieno titolo a lasciare un segno indelebile. L’evoluzione lirica è innegabile e la capacità di rappresentare immagini che appaiono nitide all’ascoltatore è segno di grande qualità e di una dignità artistica da vero operaio della musica. Carmelo Pipitone si prende sul serio e pretende di essere ascoltato con attenzione, è in continua evoluzione e stavolta ha fatto un grande album.
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