Mi metto a scrivere questa recensione con la clausola verso me stesso di rendere giustizia a un saggio di questa portata, su un tema, il femminismo, che mi sta a cuore e a cui mi sto avvicinando pian piano, perciò se la state leggendo significa che spero di aver superato la sfida.
Il saggio ha una tesi ben chiara, esiste un gender data gap, una mancanza di dati riguardo una “minoranza”, che però occupa il 50% della popolazione mondiale(!), le donne, e quando questi dati ci sono, per qualche oscuro ed eccezionale (nel senso che è un’eccezione) motivo, vengono sistematicamente ignorati o bollati come variazioni estreme dallo standard, che è quello maschile, perché il mondo è stato forgiato dagli uomini per gli uomini e l’esperienza maschile è considerata universale.
Caroline Criado Perez ci porta molti esempi di ciò, a partire dall’ambito lavorativo, dove sia gli attrezzi più comunemente usati che i dispositivi di sicurezza sono modellati sulle strutture fisiche dell’uomo, andando a penalizzare l’usabilità degli strumenti da parte delle donne, e, ancor più grave, andando ad aumentare la loro mortalità per quanto riguarda i dispositivi di sicurezza. Oppure, ancora, negli itinerari medi degli spostamenti con i trasporti pubblici o nella sicurezza nei trasporti in automobile. L’autrice ci illustra come oltre il danno c’è la beffa: secondo molti non sono gli strumenti a funzionare in modo non adeguato quando usati da donne, ma sono le donne a non essere adatte ad usare quegli strumenti!
Quello che prova efficacemente a farci capire è che esistono delle differenze tra uomini e donne e che queste vadano prese maggiormente in considerazione al fine del raggiungimento di una parità di genere. E questo, spiega, avviene meglio quando ci sono donne in ruoli di decisione, così ci leviamo anche il dente delle famigerate e tanto bistrattate quote rosa, utili in una società non ancora ideale a equilibrare il rapporto di genere, in politica e nelle realtà aziendali. Ma non solo, si è dimostrato che quando ci sono più donne in ruoli di potere, la gestione, per esempio di uno stato, è migliore, e a beneficiarne sono tutti indistintamente. Nonostante, ci mostra, la vita politica di una donna in un sistema dominato dagli uomini è piena di discriminazioni e notevoli ingiustizie.
Le differenze tra corpi maschili e femminili fanno da sponda per affrontare anche il tema della medicina, a cui viene dedicata l’intera parte quarta di sei totali, in cui, sintetizzo, ci viene spiegato come quel famoso gender data gap affligge anche la ricerca medica, dove il mancato studio e la mancata o carente sperimentazione dei farmaci sui corpi femminili, bollandola come troppo dispendiosa, nonostante le donne assumano più spesso medicine rispetto agli uomini, ha creato un buco nella medicina, con conseguenze disastrose in termini di diagnosi ed esito delle cure quando queste riguardano le donne. In pratica per una donna chiedere un consulto medico è più o meno come affidarsi a uno sciamano! E sembra un paradosso dal momento che è risaputo che le donne hanno un’aspettativa di vita più alta, ma il dato nascosto che ci viene rivelato è che gli uomini hanno un’aspettativa di vita “in salute” o attiva più alta.
Un altro punto fondamentale che viene ben analizzato nel libro è la questione della meritocrazia. Già in un mondo governato dal capitalismo, in cui anche solo la nascita in una famiglia anziché in un'altra del civico di fronte predefinisce il tuo futuro, la meritocrazia è più un mito che una cosa concreta. Come partire da metà percorso in una gara dei 100 metri e arrivare primi contro un Bolt, però nato in una situazione di povertà in un paese in cui l’ascensore sociale è rotto. Per le donne vincere questa gara risulta ancora più difficile, quando si trovano nella maggior parte dei casi a mettere il loro futuro e la loro carriera in mano a uomini, più o meno consapevolmente, sessisti e maschilisti. Per non parlare della disparità salariale (ma questo è già fortunatamente uno dei temi più noti) e delle maggiori spese che il solo essere donne comporta. Senza contare che una maggiore partecipazione femminile all’economia attiva degli stati porterebbe a una personale maggiore indipendenza economica e a un non trascurabile aumento del PIL. Quindi non manca di far notare come i sistemi economici e tassativi delle varie nazioni, a causa ancora di una mancanza di dati di genere, finisce per penalizzare di nuovo le donne e, di conseguenza, tutti.
Il saggio ci mette di fronte ad una cosa che abbiamo davanti agli occhi tutti i giorni, ma come le cose più invisibili sono ben nascoste in bella vista, nessuno ci fa mai caso, e cioè il fatto che le donne lavorano molto più degli uomini, e si tratta di un lavoro non retribuito, il lavoro di cura e domestico. E questo è un notevole peso che le donne in tutte le epoche si sono prese in spalla reiterando la preistorica dinamica della “donna a casa”, che non può avere altre aspirazioni, molto spesso anche banalmente per la mancanza di tempo ed energie. Questo genera un circolo vizioso in cui mancando esempi di donne in situazioni di prestigio si veicola automaticamente il messaggio che esse non siano portate per quel genere di cose. Anche qui è tutto ben riportato con l’efficace esempio del far disegnare a dei bambini uno scienziato. Nella maggior parte dei casi disegneranno un uomo, anche se le cose vanno via via migliorando.
L’introduzione invece è forse la parte più ostica per chi non mastica la tematica femminista, e tratta il controverso tema del maschile sovraesteso nel linguaggio, l’inclusività, e la conseguente esclusività, che parte dalla lingua, il mezzo con cui tutti noi diamo forma al mondo, ed è importante per questo, proprio perché anche la scelta delle parole influenza il nostro modo di percepire la realtà.
In “Invisibili” c’è tutta la cura e l’intelligenza con cui l’autrice ha raccolto i dati, li ha analizzati, da un punto di vista che a un uomo non potrà mai venire in mente, non essendo consapevole dei problemi femminili, e ce li serve in un testo molto scorrevole e accessibile, non mancando una lieve dose di ironia e sarcasmo. A ogni pagina, a ogni paragrafo, a ogni dato statistico sciorinato il mio pensiero è sempre stato lo stesso: ok, voglio sapere di più, perché più vado avanti nella lettura e più mi rendo conto che c’è un mondo di dati che fino a ieri ignoravo, e sono quantomeno curioso di sapere il livello di ingiustizia di genere a cui siamo, ciò che è stato fatto e ciò che c’è ancora da fare (spoiler: molto).
Questo è un saggio che sarebbe bello leggessero tutti: le donne, per comprendere più coscientemente e mettere a fuoco, con dati alla mano, quello che durante tutta la vita hanno magari intuito soltanto, ed è un intuizione forte, comunque; gli uomini, per realizzare che in questa società c’è un gap, che possiedono dei privilegi, che a volte si dà per scontato debbano esserci, per la cara, vecchia e conservatrice regola del “è sempre stato così”, e cercare di scardinarli.
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