Questo disco non si trova facilmente.
Cominciamo col dirlo, perché una serie di circostanze avverse ha fatto sì che un’opera di notevole pregio oggettivo sia indisponibile al pubblico del progressive rock - o forse ‘art rock’, o forse ancora rock alternativo - già dai primi anni ’80, complice una distribuzione che definire carbonara è riduttivo. Ho visto che si vende in rete ad una cinquantina di dollari, ma son copie vg, non certo excellent o mint (figurarsi ss!), però si può provare a dare la caccia alla ristampa in CD della Cosmorecord se ancora si trova (è del 1997). Perché tutto questo, quando dischi assai meno meritevoli hanno ricevuto l’attenzione addirittura della Repertoire, o della Rhino, o Sundazed che dir si voglia?
Il motivo sta nel fatto che questo è un disco registrato a Roma nel 1979 da tre neofascisti, Mario Ladich (batterista degli Janus) e i francesi Olivier Carrè, cantante, e Jack Marchal, polistrumentista del progetto. Il disco venne inciso in pochi giorni (sembra nei locali di una sezione del Fronte della Gioventù) e stampato in tiratura assai limitata per l’etichetta Signal, anzi la inaugura, e verrà distribuito unicamente nelle sedi del Movimento Sociale Italiano e nelle librerie ‘Europa’ appartenenti al medesimo partito politico, che sono abbastanza scarse (a Roma ce n’era solo una, per esempio). Il carattere estemporaneo della collaborazione tra musicisti di diversi Paesi, con un percorso artistico ma anche di vita che prenderà ben presto strade divergenti, impedirà al trio di esibirsi nei concerti dei Campi Hobbit (una partecipazione del solo Jack Marchal nel 1981) e figuriamoci se qualche altro palco avrebbe voluto ospitare concerti di marca dichiaratamente fascista, soprattutto in quegli anni. Tutti gli artisti del giro MSI o Terza Posizione (alcuni erano davvero bravi, non solo un tentativo da parte di Pino Rauti di occupare un pezzettino di cultura musicale) resteranno confinati nel giro ristrettissimo delle sezioni di partito, dei tre Campi Hobbit – non esattamente Monterey – e di qualche sporadica e patetica esibizione in quel di Predappio, in genere interrotta dalla polizia. Non avrei avuto preclusioni ad assistere ad un loro concerto, salvo che per la teppa che lo avrebbe affollato e per la nota indisponibilità dei neofascisti ad occuparsi d’altro che non fossero pestaggi e cori nazisti (ricordate i nazisti dell’Illinois?). Sarei stato accoltellato e non sarei qui a scrivere oggi.
Ho già scritto della mia appartenenza politica, viscerale e convinta, allo schieramento opposto, e sono convinto che la ‘cultura’ neofascista (libri, dischi, teatro) non abbia mai conquistato spazi soprattutto per la sua pochezza: hanno avuto Evola, più o meno un cialtrone che copiava Jung e si dava arie da esoterico come il proletario napoletano Giuseppe Balsamo; hanno avuto Ezra Pound, che sarà stato uno scrittore coi fiocchi ma oltre che copiare Joyce era anche notoriamente psicolabile; hanno avuto Oreste Lionello, non esattamente Vittorio Gassman, e avrebbero potuto avere Albertazzi se questi non avesse sempre passato sotto silenzio la propria appartenenza politica, per paura di dover rispondere delle atrocità commesse a Salò. Poca altra roba, e soprattutto un movimento giovanile che più che capire e interpretare l’arte, capiva la catena e la spranga (chiedete allo squadrista Alemanno) e ci pigliava poco con la chitarra e la poesia, anche solo da spettatore. E’ vero che l’egemonia culturale della sinistra avrebbe impedito qualsiasi anelito proveniente da destra, ma è anche vero che aneliti di pregio non ve ne sono stati, con l’unica eccezione di questo bellissimo album.
‘Science Et Violence’ ha un bellissimo art work, ed un libretto interno con i testi in francese ed in italiano, e non ha un Lato A ed un Lato B ma una Face Blanche – convenzionalmente intesa come facciata A – ed una Face Noir, corrispondenti al genere delle composizioni: progressive le une, più tirate e roccheggianti le altre. Il brano più ‘conosciuto’, ed anche l’unico riportato su YouTube, è ‘Derriere Ta Porte’, otto minuti di rock alternativo molto sentito e molto interpretato dalla voce di Olivier Carrè, soprattutto nell’intermezzo ‘teatrale’, anche in considerazione del messaggio fortemente antiborghese che paradossalmente (ma non più di tanto) avvicina il significato di questa bella canzone alla ‘Canzone Di Maggio’ di Faber. (Perché non più di tanto? Perché le istanze della Destra Sociale, oggi spesso riprese da Casapound anche se in modo strumentale, non erano poi distanti da quelle della sinistra extraparlamentare: casa e lavoro per tutti, odio per l’America e volontà di contrapporle l’Europa, disprezzo per i borghesucci che non prendevano posizione ed avevano paura dei cambiamenti).
Perle di questo disco sono anche ‘On Efface Tout’, gioiosa dichiarazione di cambiamento totale abbastanza scontata ma di nuovo molto sentita, e soprattutto la suite ‘Parcours’, sedici notevoli minuti tra chiaroscuri e chitarre distorte ‘a la Faust’, tastiere anni ’60 ed un’atmosfera generale di krautrock che ne fanno un capolavoro misconosciuto, anche con un testo che rimpiange apertamente Mussolini. Ovviamente il deus ex machina dell’album è Jack Marchal, ottimo chitarrista e tastierista che riapparirà qualche anno dopo in un paio di produzioni di musica elettronica: Jack è un fumettista, scrittore, attivista politico molto presente nella realtà italiana e francese di quegli anni, ed ha ripreso da qualche tempo a fare musica col gruppo Elendil (personaggio tolkieniano, e la cosa non stupisce). Non li ho sentiti e non li ho cercati, se mi capita li ascolterò con interesse.
Resta il fatto che questo disco è davvero bellissimo ed è un peccato che non lo si possa ripescare dal giusto oblio di quegli anni oscuri, anche perché non è che tutti gli album degli Inti Illimani siano onestamente digeribili sempre e comunque (!).
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