Non penso di essere l'unico ad essersi approcciato a quest'ennesima trasposizione di Jane Eyre con un misto di scetticismo e perplessità, trattandosi di uno dei romanzi più famosi, una storia d'amore tormentata simbolo, ed essendo il filone a cui appartenente in via di saturazione, per così dire. La minaccia nascosta dietro l'angolo essendo indubbiamente quella di scadere nel sentimentalismo vuoto e senza spunti di tante e tante uscite cinematografiche odierne.

A disperdere tale minaccia troviamo però dei nomi importanti dietro questa produzione, tra cui quello di Dario Marinelli per la colonna sonora, già all'opera in "Orgoglio e Pregiudizio" quanto in "Espiazione"; in aggiunta ad un cast di discreto livello che include fra gli altri Judi Dench. Anche il regista Fukunaga dà l'impressione di sapersi districare bene in un continente diverso dal proprio, in una nazione con una solida tradizione cinematografica; per concludere con le splendide residenze aristocratiche come ultimo tassello, fors'anche il più prominente, per un'impresa decisamente riuscita.

La prime sequenze del film, di flashback, immergono subito nel racconto presentano la protagonista in età adulta (per l'epoca) che arranca affannosamente lungo la brughiera sconquassata da impervie condizioni climatiche e dall'atmosfera rarefatta del Derbyshire. Un luogo molto simile a quello in cui l'autrice del libro e le sorelle crebbero, circondate da un cimitero e da poco altro; anche se in realtà molto di quanto si vede, proprio a livello di fotografia, e frutto di effetti digitali, ad ottenebrare gli assolati paesaggi primaverili al tempo delle riprese del film. Nonostante poi la vicenda in sé, che segue l'infanzia d'infelicità e soprusi di Jane Eyre; il passaggio dalla tenuta di campagna degli zii (Haddon Hall), all'austero istituto Lowood; fino ad arrivare nell'abitazione di Rochester in qualità di governante - alle prese con usuali problematiche d'amore tra ceti sociali discordanti, e quel pizzico di mistero che comporterà il colpo di scena finale - avrebbe potuto traviare il film verso tonalità eccessivamente cupe, anche per ingraziarsi la fascia di giovani sostenitori del filone dark inaugurato da opere d'inferiore caratura. Proposito da cui il film mi sembra giustamente mantenersi a debita distanza, privilegiando l'aspetto più raffinato, dato che di sussulti tutto sommato non se ne annovera neppure l'ombra tra quelle delle stanze e corridoi illuminati da flebili candele e lampade.

L'aspetto sentimentale del tutto, anch'esso viene relegato in secondo piano attraverso la scarsa chimica tra i protagonisti (praticamente nulla): la giovane attirice Mia Wasikowska (jane Eyre), e un Michael Fassbender che si discosta da improbabili situazioni da bello e dannato, impersonando a dovere l'afflissione e la colpevolezza di un passato segregato lontano, nei panni di Rochester; in affascinante contrasto con quella non dissimile di Jane Eyre, sovente appollaiata alla finestra vagheggiando una vita serena in luoghi meno reclusi. Mentre il merito del regista pare ravvisabile nell'intimità della soggettiva che impone la personalità della protagonista, lasciando scivolare invece soluzioni e approcci più tradizionali al fine di dare colore al film. Il risultato è quello di un film smunto, opaco, improntanto sul compasso morale di quest'ultima, decisa a non essere soggiogata dalla passione o dai compromessi e le gelosie, sebbene innamorata di Rochester; ed essendone inizialmente comprensibilmente soggiogata, aspirando forse più che altro a rivalersi della propria infanzia infelice (eloquente in tal senso la scena in cui essa si libera dell'abito da sposa quasi si fosse rovente).

Tutto questo potrebbe in realtà scontentare diversi target di pubblico, nonostante rappresenti a mio avviso una peculirità essenziale al fine di aggiungere qualcosa a quanto già visto in materia di film d'epoca made in Inghilterra, anche se a conti fatti non si tratta comunque di nulla d'imprescindibile.

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