Pare che gli sfoghi cronici di "Myra Lee" siano stati registrati durante le stesse sessioni di registrazione che avevano generato il primo disco di Cat Power: "Dear Sir". Eppure i brani di "Myra Lee", pubblicati un anno dopo, nel 1996, risultano essere più cerebrali, come oscuri temporali torridi che infuriano inclementi sui tempi e sulle liriche delle canzoni. Battiti demoniaci e ovattate distorsioni opache infuriano e spariscono a loro piacimento in preda a demenziali e incontenibili capricci burrascosi. E' proprio nel bel mezzo di questa apocalisse sonora che troviamo lei: Chan Marshall, in arte Cat Power, che canta la sua disillusione con grida esasperate, quasi avesse conficcato tra le costole un affilato, infame pezzo di vetro. E ci deve essere, ne sono certo, qualche demone perverso che si diverte a rigirarlo tra le sue ferite. Perchè la sua voce si contorce, ogni tanto si riassesta per poi ricadere di nuovo nelle grida ormai a momenti inumane. Ed è come se le vedessi, quelle sue labbra velate, schiuse in smorfie di dolore, mentre partoriscono e allo stesso tempo ripudiano quelle frasi malate e irreali.

E' passato parecchio tempo ormai, e i lamenti di Cat Power sembrano essersi definitivamente quietati. Ce lo dimostrano i suoi ultimi lavori: "The Greatest" e "Jukebox", squisitamente soffusi certo, come la sua voce attuale, ma forse troppo deboli sotto certi aspetti. E la "prima" Cat Power mi manca. Non solo quella di "Myra Lee" ma anche (e forse ancora di più) quella di "Moon Pix", che considero il suo massimo e assoluto capolavoro. Senza dimenticare ovviamente "You Are Free", che di tutti gli elementi distintivi del suo inizio carriera rappresenta il sunto perfetto. E chissà, forse quelli di "Myra Lee" erano solo spasimi adolescenziali ormai vinti, che presumibilmente non torneranno.

Ma fortunatamente la musica è in grado di conservare e accompagnare intatti nel tempo i suoi figli. Alcuni invecchiano bene, altri rimangono incastrati tra le mode sfavillanti del loro tempo e altri, come "Myra Lee", non invecchiano affatto. E' per questo che riascoltando "vecchi" dischi come questo ci capita spesso di sentirli incredibilmente più giovani e vivi di quelli presenti. Quali siano i segreti di questa perfetta conservazione me lo sono chiesto spesso. Molto probabilmente la sincera necessità di esprimersi in musica attraverso temi universali e un distacco significativo dalle influenze che avvelenano il nostro tempo sono ingredienti fondamentali. E le sconvolgenti e debilitanti grida di "Myra Lee", nude e crude come ce le presenta la cantautrice statunitense, non sono collocabili temporalmente. Erano parte integrale del suo stato allora e potrebbero far parte del nostro adesso. Ed è proprio la liberazione spontanea ed incontrollata il modo migliore per esprimere la propria condizione in musica. Solo così l'ascoltatore può, inconsciamente e immediatamente, riconoscersi in ciò che ascolta. Tutto questo Cat Power l'ha fatto egregiamente in "Myra Lee" e il bello è che molto probabilmente non poteva farne a meno.

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