Puzza di zolfo, polvere, intrugli ribollenti. Si potrebbe parlare di stregoni strafatti e ci si avvicinerebbe di molto. Quale altri aggettivi per gli inglesi Cathedral? Ladri di idee post-lisergiche? Feticisti del progressive underground di tanti anni fa? O forse, metallari rozzi dall'andare sbiascicato? Tutto vero e preciso.
Nel 1994 viene presentato questo EP Statik Majik, e si può direttamente parlare di uno di picchi assoluti della loro corposa discografia. A cavallo tra le litanie funerarie ed alcoliche dell'importantissimo "Forest Of Equilibrium" e il revival sabbathiano di "The Ethereal Mirror" e del magnifico "The Carnival Bizzarre", questa mezz'ora di musica ci presenta una band decisa a mantenere un'aurea underground che li contraddistinguerà anche nei lavori successivi per delle etichette di peso. Originariamente composto da tre pezzi inediti, poi in svariate altre versioni, l'EP sprigiona una musica aggressiva e misteriosa, eccellente.
"Hypnos 134" attacca con un incedere guerresco ma non militareggiante, come i connazionali Bolt Thrower, ma bensì riprendendo idealmente una cavalcata di biker fumati che colpisce l'ascoltatore, facendogli ricordare ancora una volta i Sabbath: il leader Dorrian, dal passato grind-core, è appassionato di rock classico, e la sua voce impastata senza grazia si insinua tra le spire delle fragorose chitarre. Molto più doomy e inquietante è "Cosmic Funeral" (titolo, di nuovo, molto sabbathiano, può far coppia con la Electric Grave dell'anno successivo), dall'incedere lento, appunto funereo. Ragnatele sui muri, scheletri non morti si aggirano nella cripta dove la band sta dissotterrando un LP a caso dei Black Widow.
La terza ed ultima "The Voyage Of The Homeless Sapien" chiarisce ogni dubbio: 20 minuti di suite doom dove accade di tutto, una musica polverosa ed ancestrale. Come far trasparire l'amore per il metal, il rock classico ed il progressive senza remore. Coraggiosa e riuscita la proposta, e quantomeno "intellettuale" la cultura musicale manifestata, nell'anno del debutto dei Korn e l'avvento delle mega-produzioni: una registrazione fumosa e coerente con le composizioni.
Da queste posizioni la band si muoverà per tutti i lavori futuri, sia quelli più cupi (Endtyme) che quelli più "hippie" (The Garden Of Unearthly Delights). Forse con questo EP riuscirono per un attimo a trovare l'equilibrio perfetto tra le varie anime, senza che nessun elemento venisse soffocato. Grandissimi.
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