Sembra proprio che la pausa di riflessione abbia fatto bene ai Cave In.
L'ultimo ep, "Perfect Pitch Black" datato 2005, lasciava ben sperare. Le idee confuse di "Antenna" (che comunque conteneva alcune perle come "Joy Opposites" ed "Inspire") erano andate, per fortuna, scemando.

"Planets Of Old" riprende il discorso con maggiore sicurezza. Quattro tracce potenti e dotate di quel pizzico di genio che ha sempre contraddistinto questo gruppo del Massachussets, attivo ormai dal lontano 1995.

"Cayman's Tongue" apre le danze. Riff potenti e basso ipnotico per un totale di sei minuti massicci. Lo scream alternato a parti più melodiche del cantante Stephen Brodsky si susseguono creando un crescendo di energia che sfociano in un ritornello malatissimo. Ci vogliono alcuni ascolti per poterlo apprezzare pienamente. Che apertura!

I brani che compongono l'ep sono tutti dotati di diversa impostazione, infatti, già con "Retina Sees Rewind" , primo singolo estratto, vediamo le prime novità.
La velocità e il ritornello che ti si stampa subito in testa sono le carte vincenti del migliore brano dell'ep. Mi ha ricordato molto le stupende aperture melodiche presenti in "Antenna", ma con quel piglio creativo e potente di "Jupiter".

Ad un certo punto mi è sembrato di avere negli auricolari un brano dei Converge. Che strano, ho pensato. Era appena iniziato "The Red Trail"Urla malate e ritmi forsennati per un brano che farà godere gli amanti del genere.

Le aperture di "Air Escapes", dotate di riff spaziali, chiudono "Planets Of Old" in maniera convincente, riportandoci una band in piena forma, che deve ancora capire del tutto la strada che vorrà percorrere.

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