Una macchina devastante non può restare inattiva per troppo tempo. E quando torna, quando torna davvero, si fa sentire. Così il mostro di Stephen Brodsky e Caleb Scofield si ridesta da un torpore, benchè attivo, troppo duraturo.
E il risveglio è una bordata, chitarre come lamette conficcate nel viso, la bestia urla dalle profondità della terra, un silenzio sporco di ruggine che brucia, "White Silence" è vetriolo e candeggina, synthchitarreurlaeodio, e l'urlo è chiaro, chiama sangue "tracking the taste of warm blood", parole che rigenerano e culminano in rumori bianchi, pronti per la fucilata? "Serpents"(come anche "Vicious Circles") è post-noise apocalittico, un synth impazzito che corre affianco a treni lanciati verso il nulla, chitarre e batteria tirate in adrenalina, crust'n'roll che ammazza, la voce è odio puro, non c'è via di scampo.
Ma la poesia si cela dietro un muro di impurità virulente, "Sing My Loves", pone in una prima parte feedback al limite dello sludge, un incidere pachidermico, ritmiche di stirpe Melvinsiana, grida contro i nemici, poi una luce, la voce limpida, come acqua in mezzo ad un torrente torbido, una chitarra si stacca e prende il volo, e sono 3 minuti di cristallo puro. E poi l'avvento dei Radiohead. Siate pure in disaccordo ma a me non frega niente, "Heartbrakes, Earthquakes" è figlia della terra d'albione "infettata" da Thom Yorke e soci, una poesia tra i rovi, al limite del Beatlesiano, e così si snoda la "seconda parte" del disco, tra chitarre settantiane ed echi da mondi sommersi e lontani, "psichedelia tutte le teste ti porti via".
"This is a cave in, I sayd I'd stay", diceva qualcuno.
Carico i commenti... con calma