Giovanni Ferretti e Zamboni volevano rifugiarsi sotto il Patto di Varsavia.

Gente che spontaneamente sceglieva la strada sconsigliata, quella più oscura e affascinante al di là del Chechpoint Charlie, laddove la fantasia dipingeva la ragnatela di villaggi in cui uomini dagli occhi buoni e dalle barbe lunghe tornavano al focolare alla sera per ristorarsi dal lavoro,così maledettamente duro e socialmente utile, mentre nelle capitali cultural-politiche si celebravano sacrifici al Dio della giustizia proletaria.

Un paradiso socialista, e chissenefotte di quel mago di dentista che aveva Kennedy, che qua siamo intubati e costretti a respirare il consumo, l'alienazione, la mercificazione della nostra (in)coscienza manipolata.

L'Emilia paranoica!

Apparire infiltrati come i CCCP è una falsa devianza, una comoda dicotomia tra il consenso e il punk che tanto infesta la nostra ragione, fino a intimarci di dividere i nostri schemi di pensiero con dei muri.

Com'era comodo essere al di qua, o al di là.

E riconoscere chi era al di là anche se era al di qua, era così facile? E viceversa?

Forse il muro è stato abbattuto per questo, per sapere davvero da cosa difendere il nostro apprezzabile stile-ordinamento e se questo qualcosa sussistesse, da qualche parte.

Oggi molti eminenti studiosi piangono la caduta del muro come la morte di mamma Storia.

E come sarebbe stato divertente ascoltare le seriosità umoristiche dei CCCP accarezzando in presa diretta il nostro muro.

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