E venne anche l'ora dei Celestia, e un po' d'incertezze mi assalgono mentre ho a che fare con l'arduo compito di recensire un disco a suo modo unico, anche se componente di un universo narrow-minded come quello black metal. Guidati dal carismatico Sir Noktu Geistmortt, personaggio dall'attitudine tutt'altro che inattaccabile vista la sua esperienza in progetti buffoneschi come i Gestapo666, ma altresì impegnato in un paio di bands degne di  nota come i Mortifera e i succitati Celestia, nel 2002 rilasciano questo "Apparitia-Sumptuos Spectre", uno dei loro pochi full-lenght vista l'abitudine della band di rilasciare le loro uscite sotto forma di demo, split, ecc.. Lontani dal satanismo onanistico e dalle tematiche pseudo-gore o panistiche dei colleghi scandinavi, questi tre mangiaranocchi portano come dono all'altare dell'arte un concept che devia un po' dalle classiche tematiche del genere, creando una dimensione dove si mescolano letteratura gotica, relazioni sentimentali tragiche (leggasi due di picche apocalittici e rifiuti sistematici da parte del gentilsesso) e figure femminili indistinte e rese spettri dalla potenza del ricordo, una dimensione dove anche l'estetica ha una sua rilevanza all'interno dell'opera, facendo da guida nell'universo Celestia e non da semplice contorno.

 L'avvio è travolgente, passionale, le trame chitarristiche modulano urla strazianti messe su un pentagramma, l'intensità delle note di "Awakening of the Dormant Fiancee" lascia senza fiato, mentre viene dato l'ultimo saluto al corpo moribondo della propria innamorata, confusi dalle immagini che il passato rende ancor più vivide davanti alla prospettiva del sonno eterno: qui ogni apatia viene repulsa, la malinconia esplode con veemenza, rendendo frenetico ogni secondo di questa canzone, interrotta da un break che spezza la tensione per rigettarvisi poco dopo senza lasciare scampo; balza subito al padiglione auricolare la volontà dei Celestia di dar vita a partiture che aspirano ad avere un  propria personalità, riuscendo in pieno nell'obbiettivo vista la magnificenza dei riff che scaturiscono dalle sei corde, sorretti dall'incessante batteria di Astrelya che, seppur senza nessuna gran variazione sul tema, compie il suo dovere alla perfezione, sgombrando il campo da qualsiasi rischio di cadere nel banale. "Necromelancholic Reveries" parte più sommessa, ma è pura illusione: qui si picchia duro, ma la sensazione paradossale è che violenza e delicatezza non si siano mai sposate così bene: arpeggi tetri fanno da sottofondo alla gracchiante voce narrante di Noktu; un basso scandito completa l'affresco, e il risultato è da brividi. Ci si  prepara alla pugnalata, e "Pervert, Decadent, Dying Love" è una delle lame più affilate del lotto: qui si trascende al superbo, mai tanto incenso è stato sparso in onore dei sentimenti negativi tra i quali non ve n'è uno che non venga assorbito dall'ascoltatore inerme, mai abbastanza predisposto ad una marcia emozionale di siffatta portata e di così alto livello. Tastiere lunari, centellinate con sapienza, tramutano il finale in uno sciagurato pianto solitario, lamenti lontani... "I was waiting for the black entity, the one who takes you out of this world forever". In un altro contesto queste parole mi avrebbero quasi fatto ridere, ma in questo caso suonano in  maniera del tutto diversa. L'illusione serpeggia anche nell'inizio di "The Fragrance of a Dead Rose": un placido arpeggio placa gli animi dopo la tempesta scaturita da "Spectre" (corredata da un bellissimo assolo nel finale) e corroborata da "Morbid Romance", poi, l'annichilimento. Il finale permette solo di assistere passivi alla disfatta,  perché l'intensità di questo viaggio  non lascia la forza di reagire.    

I toni ellittici di queste righe saranno confermati durante l'ascolto. Il più gran peccato riguardo a questo disco è che raramente se n'è sentito parlare in passato: oggi però, grazie anche alla lussuosa ristampa della sempre oculata ATMF, spero che possa mostrarsi al mondo in tutto il suo splendore. VIVA LA FRANCE!

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