Ed ora un po' di sano, diretto ed essenziale gothic metal d'annata: i Cemetary di "Sundown" ('96) propongono tutto ciò partendo da un passato fatto di un primordiale doom/death metal abbastanza vicino ai primissimi Tiamat, dimensione nella quale non hanno mai convinto più di tanto, anche se già in "Godless Beauty" ('93) e soprattutto "Black Vanity" (94), tutti editi dalla Black Mark di Quorthon e del padre "Boss", erano presenti segnali di irrequietezza che facevono da preludio ad un imminente cambio di rotta.

La line up non è mai stata troppo stabile ed ha sempre ruotato intorno al singer e chitarrista Mathias Lodmalm, così in questa sfiziosa release (che ai tempi in cui fu pubblicata ebbe anche un discreto successo presso la stampa specializzata) troviamo Anders Iwers (poi divenuto membro permanente dei Tiamat , ma al basso) alle lead guitars, Thomas Josefsson al basso e Markus Nordberg dietro le pelli.

Dal punto di vista prettamente musicale, ci troviamo di fronte a sonorità torride come un vento sahariano, spoglie di elementi di contorno eccessivamente ingombranti o bombastici, gothic metal un pò ante litteram, parallelo ma non tangente ai Paradise Lost di "Shades of God" o agli stessi Tiamat di "Skeleton Skeletron", nel quale si possono anche rilevare piccoli frammenti che si rifanno al dark/goth (Sisters of Mercy, Fields of Nephilim,) classico. Le song hanno una costruzione abbastanza semplice ma ficcante, con inserimenti di tastiera sempre mirati e mai invasivi, voce roca (che tende un po' ad essere monocorde, visto il retaggio death a cui il buon Lodmalm deve pagare pegno) ma espressiva e capace, inaspettatamente, anche di modularsi a seconda del variare del riff su cui poggia.

La registrazione è ottima e ben definita, i suoni di stampo gibsoniano delle chitarre a volte ricordano addirittura lo stoner degli ottimi Kyuss, in song come "Primal", mentre segnalerei come pezzi forti dell'album l'opener "Elysia", 2 minuti e mezzo molto tirati e focosi, la terza "Last Trasmission", gothic song d'annata ma assai efficace e ruffiana, la già citata "Primal", torrida ed acida al punto giusto, "The Embrace", semplice e diretta e la conclusiva "The Wake", pezzo doom alquanto sofferto e dalla melodia cacthy.

Di buon livello l'artwork realizzato dal mago nordico dei booklet Kristian Walhin, che un po' ricorda la copertina del seminale "Brave Murder Day" dei Katatonia.

In definitiva "Sundown" forse non sarà un album indispensabile nella vostra già nutrita discografia ma il consiglio di provare a dargli un ascolto ve lo do lo stesso, perché a mio modesto avviso ci troviamo al cospetto di un Lp che sa trasmettere emozioni e ed appassiona.

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