Si chiama "Rocky Mountain HydroGrind".

Difficilissimo descrivere ogni minimo dettaglio, perchè si perde nel caotico susseguirsi di note, accompagnate da urla isteriche, distorsioni disumane, suoni elettronici: sintesi estrema della modernità, della sua violenza e delle contraddizioni che la accompagnano. Difficile del resto narrare i deliri psicotici di "Analytical", le sue chitarre sibilantiche scandiscono tempi impossibili.

Un autentico caos delirante che defluisce in circa 32minuti di rabbia asincrona, testi quasi incomprensibili, riff frenetici. Come se non fossero capaci di dare niente a nessuno, come in una ribellione antimelodica scandita dafolli arpeggi dissonanti ("Wither"). Si presentano senza tregua pezzi privati di ogni struttura, che hanno macinato il concetto di 4/4, di suono stesso, di voce in tutta la sua estensione. È questa forse l'essenza dell'indescrivibile "Regalos de Mota", di cui per un motivo a me ignoto non è presente il testo (nel sito si parla di "questioni legali"...). Un intro di basso ci introduce in un atmosfera fusion, che esplode nella consueta ferocia ("Extreme of Paranoia"), e rallenta tremendamente il ritmo dell'opera, con ripercussioni positive sulla nostra salutementale. Per concludersi con una sorprendente outro interamente realizzata con batteria elettronica e basso ultra-compresso.

Nuovamente tonalità "sotterranee" in "Bleeding for another day", così come nella splendida conclusiva "Waiting For The Millenium", con tanto di classico (?) stop improvviso e successivi rumori inquietanti a coronare l'opera. Il rifiuto dell'"adesione alla normalità" è ben espresso anche dai testi che accompagnano il booklet: non banali resoconti di sangue, ma attualità ("I have gone beyond your lies"), violenza poliziesca, ambientalismo (!), introspezioni laceranti ("You choose to run from yourdemons and hide"), libertà individuali ("Prohibition must be stopped"). Quale modo migliore di esprimerle? Alcuni tratti sono un po' impastati, non rendono perfettamente l'idea della finezza (!) di alcuni passaggi, e l'abilità degli strumentisti è in parte oscurata dalla pesantezza del contesto e dalla folle tecnica compositiva. Ma non è importante: ciò che conta è il contenuto, la sostanza di questo micidiale "cocktail" di fusion, grind-core e death-metal.

E cito solo alla fine la splendida intro industrial e la micidiale "Jihad": per la cronaca, era il 1998. Poco altro da aggiungere, da ascoltare con attenzione.

"...is gonna make us die..."

Carico i commenti...  con calma