Una personalità tormentata. Si potrebbe definirlo così Cesare Pavese, ma non basterebbe a delineare questo grandissimo scrittore italiano. Una persona tormentata soprattutto psicologicamente, perchè egli non è mai riuscito ad accettare la sua "incapacità" di schierarsi con i partigiani nella seconda guerra mondiale. Questa sua scelta peserà inevitabilmente sul morale di Pavese, fino al tragico epilogo: il suicidio. La sua volontà di togliersi la vita ci veniva rivelata dallo stesso autore nel suo diario "Il mestiere di vivere" che si conclude con queste parole: "tutto questo fa schifo. Non parole. Un gesto. Non scriverò più. Perdono tutti e a tutti chiedo perdono. Va bene? Non fate troppi pettegolezzi."

La sua situazione psicologica, il suo essere "inetto", la voglia di solitudine sono tutti elementi caratterizzanti dell'opera narrativa che ha garantito a Pavese il primo successo. "La casa in collina" è un romanzo breve, pubblicato nel 1949, in cui si intravedono evidenti cenni autobiografici. Un'opera che parla attraverso la voce del protagonista, Corrado, di un'Italia dilaniata dal conflitto. Un paese povero, ma che ha ancora la volontà di vivere, che vuole risollevarsi.

Il paesaggio su cui Pavese articola questa suo desiderio di mostrare la difficoltà delle genti italiane è quello delle colline piemontesi, suo luogo di nascita, più volte ricorrenti anche nei suoi libri successivi. Una zona vista come luogo salvifico, come ritorno ai momenti dell'infanzia, quindi alla purezza di quando si è bambini. Momenti che si perdono con l'arrivo dell'età adulta quando l'uomo prende inesorabilmente consapevolezza delle cose che gli stanno accanto e si chiude in se stesso, in un isolamento voluto. Un paesaggio brullo, secco d'estate e fangoso d'inverno in cui si muove Corrado. Un personaggio privo di illusioni, forse fin troppo realistico. Guarda la realtà così come la dovrebbero guardare tutti, non si illude davanti ai sentimenti e, probabilmente, pur sapendo la verità su suo figlio non ha mai avuto il coraggio di accettarla come tale...

Un protagonista che rispecchia il suo creatore, con il suo pessimismo, la sua inettitudine, la sua volontà di isolarsi dal resto del mondo, di "tornare bambino". A Corrado, sempre preso dai suoi dubbi e dalle sue peregrinazioni psicologiche, si contrappongono altre figure. Fonso, Cate, Giorgi, Nando, sono tutti individui che agiscono d'impulso, che si mobilitano per il bene del paese.

Pavese scrive un'opera semplice ma allo stesso tempo complessa. Molti dicono che leggendo l'autore piemontese si perde quasi immediatamente il filo del discorso, a causa di una trama difficilmente rilevabile. Non è sbagliato, ma sarebbe riduttivo metterla in questo modo. Per lo scrittore, il plot è soltanto un punto di partenza su cui articolare una storia che va avanti soprattutto attraverso le idee, i ricordi del protagonista. In questo senso in modo innovativo, il romanziere descrive le scene non in ordine cronologico, ma bensì come vengono ricordate dal protagonista.

Risulta inevitabile quando si vive tra i morti, quando la notte non si dorme per paura della guerriglia, quando la fame e il fredddo e la miseria riducono l'uomo a un essere svuotato della stessa anima, chiedersi il perchè di tutto questo. Il perchè di quei morti, su quelle strade...

"E dei caduti che facciamo? Perché sono morti"?

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