I libri, come i dischi, vanno vissuti.

I miei vinili preferiti hanno le copertine mezze distrutte, frusciano e saltano e di tanto in tanto bloccano la puntina e quella non ne vuole più sapere di procedere innanzi.

I libri, le copertine più o meno si salvano, ma le pagine portano i segni indelebili di letture ripetute in tanti tempi e luoghi: strappi e orecchie, sottolineature e successive cancellature e di nuovo sottolineature, appunti a margine, tracce assortite di matite (quelle grosse grosse colla punta blu ad una estremità e rossa all’altra), penne ed evidenziatori, sbianchettature contro le note più indelebili.

Talvolta, libri e dischi vanno a braccetto.

Come per la «Enciclopedia del rock psichedelico», agile volume a cura di Cesare Rizzi e Claudio Sorge, pubblicato nel 1986 da Arcana, ove si discettava appassionatamente di psichedelia anni ’60 e neopsichedelia anni ’80, con tutto ciò che ne veniva.

A occhio e croce metà della mia discoteca esce fuori da quelle pagine stropicciate e multicolore.

Il primo mattoncino me lo ricordo ancora, «Inside Out» dei Miracle Workers, sciccosissimo vinile viola striato.

L’ultimo pure, «Crawdaddy Express» dei Crawdaddys, paradossalmente, perché quel disco fu l’atto di nascita della leggendaria Voxx, all’alba degli anni Ottanta: avrei dovuto comprarmelo per primo ed invece è stato l’ultimo, quando si dice chiudere in bellezza.

Quello dove si annidavano Crawdaddys e Miracle Workers era il mio capitolo preferito, s’intitolava «It’s a Voxx Voxx World»; quello che pressappoco mandai a memoria, come i canti della «Divina commedia» che la professoressa di lettere mi costringeva ad imparare sempre a memoria nel mio trascorso liceale.

In poche pagine Claudio Sorge squadernava un mondo intero – quello del revival garage nel suo momento di massimo splendore – ed introduceva al culto di bande che non furono profetiche nella loro patria, figurarsi se lo furono in patrie altrui.

L’introduzione alla scena e sintetiche schede dedicate ai gruppi maggiormente rappresentativi di essa: questo lo schema adottato in ogni capitolo.

La scheda ti diceva chi ci suonava dentro e da dove veniva il gruppo, a chi si ispirava, cosa aveva fatto, cosa stava facendo e cosa era in procinto di fare in quel remoto 1986.

Insomma, un’enciclopedia nel senso antico e nobile del termine.

Ora, c’è da chiarirsi su cosa sia un’enciclopedia.

Oggi, dici enciclopedia, qualcun altro traduce wikipedia e l’enciclopedia è bell’e fatta, tutta dentro ad un microchip poco emozionale.

Ieri, dicevi enciclopedia e quella seria davvero – Utet, Treccani – era un qualcosa di indescrivibile, minimo minimo venti volumi di un migliaio di pagine cadauno, che tenevano dentro tutto lo scibile umano; e per leggerli mica potevi tenerli in mano, macché, andavano poggiati sulla scrivania o sul letto e tu ti ci chinavi sopra e sottolineavi, sottolineavi, sottolineavi tutto quello che ti pareva indispensabile; poi, però, quello che sottolineavi lo dovevi cancellare, con moderato impeto, perché l’enciclopedia era un tesoro familiare, un patrimonio da trasmettere, e doveva conservarsi come nuova.

L’enciclopedia, soprattutto ed in primis, era sinonimo di affidabilità: sempre quelle serie, si avvalevano dell’opera di fior fiori di capoccioni, non erano libere, non le scriveva il primo pisquano incrociato per strada sotto casa.

Ad esempio, a me non sarebbe stato concesso di scrivere nemmeno una riga nella «Enciclopedia del rock psichedelico», mentre oggi mi ritrovo a sparare il mio giudizio sulla «Enciclopedia del rock psichedelico», e tra “nella” e “sulla” corre tutta la differenza del mondo; se sia un bene oppure un male, non ne ho la più pallida parvenza di idea.

Ora, ci sta che il libro in questione si fregi del titolo di “enciclopedia”?

Altroché se ci sta, perché quando si trattava di musica psichedelica, soprattutto nella sua accezione garagista, allora non potevano sussistere dubbi: se volevi il parere del vate, seguivi Greg Shaw oppure Claudio Sorge: Greg Shaw libri del genere mi pare che non ne abbia scritti, ma ha scritto di tutto e di più sulle sue fanzines; Claudio Sorge, oltre a fanze e riviste che delle fanze mantenevano lo spirito, invece ha scritto pure un’enciclopedia, questa qua.

Per cui, quando in occasione del diciassettesimo compleanno il mio fratellone mi chiese lumi sul regaletto, non ebbi dubbi e sparai la risposta senza esitazioni di sorta: Miracle Workers, «Inside Out», ne scrive un gran bene Sorge nell’enciclopedia.

Sorge la reputazione se l’era guadagnata tutta e con sommo merito con Rockerilla e la Electric Eye, il Greg Shaw tricolore.

Questa enciclopedia, allora, era inevitabilmente figlia di Rockerilla e della Electric Eye, ma senza farlo pesare; perché, poi, quando arrivava il capitoletto sulla scena italiana, è quasi ovvio che quella scena si ritrovasse tutta a casa Sorge, ma mica veniva sbandierato con tronfia enfasi, al contrario, a memoria azzardo che in quelle poche righe – due paginette – l’Electric Eye venisse citata un paio di volte e non di più, e nel resto del volume neppure un cenno.

Per capirci, ai tempi comprai l’enciclopedia perché leggevo Rockerilla e mi ero portato a casa «Eighties Colours», non viceversa.

In secundis, l’enciclopedia dei bei tempi era sinonimo di asetticità, oltre che di autorevolissima competenza; e qui casca l’asino.

Perché, invece, la «Enciclopedia del rock psichedelico», nonostante lo sforzo di sintesi che la contraddistingueva, gridava forte riga dopo riga la passione sfegatata di Rizzi e Sorge per quella musica; che, poi, essendo pure giornalisti di uno stampo già allora andato smarrito, quella passione la esternavano con estrema semplicità, la capivi magari da un aggettivo piazzato dove era perfetto piazzarlo; e quell’aggettivo ti diceva che “quelli”, proprio “quelli”, erano il gruppo e l’album che avrebbero sconvolto di piacere la tua vita.

Per cui, se le ore trascorse a sottolineare l’enciclopedia Utet furono sommamente formative, quelle passate a sottolineare la Rizzi/Sorge furono altresì goduriose.

E le orecchie e gli strappi, le sottolineature, le cancellature e le sbianchettature, tracce di penne ed evidenziatori multicolori sono ancora tutti lì a ricordarmelo.

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Poi se questa paginetta ti sembra troppo lunga, qualcuna è stata capace a sintetizzarla in una riga.

«È un Bel libro, informazioni precise, completo ... Peccato che si parli solo di gruppi musicali».

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