Le qualità vocali non sono in discussione. Un'estensione di cinque ottave, timbro caldo e multiforme, grinta e doti interpretative da vendere. Per molti appassionati l'unica a riuscire a rivaleggiare con la regina del R&B, Sua Maestà Aretha Franklin.
E poi non solo voce potente, ma anche tecnica. Si sa quando si ha un gran motore il rischio è di mandarlo fuori giri, di perdersi in virtuosismi che stanno lì semplicemente a dire:"sentite come sono brava". Questo rischio non si corre con Chaka Khan. Come ha detto lei stessa in una recente intervista, la sua prima preoccupazione è sempre stata quella di esaltare la canzone, di mettere la sua voce a servizio del pezzo e non viceversa. L'unico rischio, nella sua enorme produzione, è quello della discontinuità. I suoi problemi (ammessi e, sembra, definitivamente superati) con alcol e droghe ne hanno condizionato la produzione artistica, inducendola a prestazioni non sempre all'altezza.
Nata, il 23 marzo 1953, nei dintorni di Chicago, col nome di Yvette Marie Stevens, scopre precocemente il suo talento vocale. A 15 anni già si esibisce nei locali di Chicago e dintorni, con il nome d'arte di "Chaka", che in lingua Swahili significa "guerriero". Aggiungerà, verso i 18 anni, il cognome "Khan", conseguenza di un affrettato e breve matrimonio. Sono gli anni delle lotte per i diritti civili e delle "Black Panthers", a cui con convinzione aderisce, a testimonianza di un impegno sociale e politico in seguito mai venuto meno.
Nel 1972, la svolta. Sostituisce la cantante Paulette McWilliams del gruppo Funk "Rufus", che diverrà di lì a poco: "Rufus & Chaka Khan". Un esordio, dal punto di vista del successo discografico, in sordina, ma la cover di "Maybe Your Baby" sorprende il suo autore, Mr. Stevie Wonder, che scrive un pezzo apposta per quella fantastica voce: "Tell Me Something Good". Per Chaka è la definitiva consacrazione, nel 1974 arriva il primo Grammy Award per la miglior performance R&B.
Il 1978 esce il primo disco come solista, si tratta di "Chaka". Registrato con i migliori strumentisti dell'allora scena newyorkese, Steve Ferrone, Richard Tee, Airto Moreira, Michael e Randy Brecker, giusto per fare qualche nome. E' anche l'inizio del sodalizio artistico con Arif Mardin (già produttore, tra gli altri, di Aretha Franklin, Roberta Flack eDonny Hathaway). Il disco rimane una pietra miliare del Soul, e ancora oggi mantiene tutta la sua straordinaria freschezza. Si apre con quello che sarà anche il primo singolo e il brano di maggior successo: "I'm Ever Woman", composto dalla premiata ditta "Ashford & Simpson", oramai un classico dal groove incontenibile. Il ritmo è alto con pezzi come "Life Is a Dance" e "We Got the Love", che vede la partecipazione vocale del suo autore, George Benson.
Non mancano le ballads, come "Roll Me Through the Rushes" e "A Woman in a Man's World" (ma guarda un po' dove è andata ad ispirarsi Amy Winehouse per la sua "Love Is a Losing Game"), in cui i colori vocali di Chaka splendono in tutte le loro sfaccettature, come gemme preziose. Il suono Gospel c'è, evidente nei cori di "Love Has Fallen on Me".
La volontà, comunque, è quella di tenere alto il ritmo del disco, ed ecco pezzi di eccellente puro Funk quali "Some Love" e la riuscita cover di "I Was Made To Love Him" di Stevie Wonder.
La fine degli anni 70, come da molti sostenuto, è il culmine della musica Black. Dischi come "Chaka" ne sono il sigillo. Si chiude una stagione, altre strade si apriranno in seguito, ma i risultati saranno, molto spesso e salvo qualche rara eccezione (mi viene in mente Prince), al di sotto del valore interpretativo, dell'eleganza stilistica, dell'originalità compositiva di dischi come "Chaka".
Anche per Chaka Khan, come detto, ci saranno prove altalenanti. La sua vita, nel prosieguo, non si rivelerà facile. Oltre ai già citati problemi di dipendenza, dovrà affrontare i drammi di un figlio accusato di omicidio e assolto dopo un lungo processo, e di un nipote affetto da una grave forma di autismo. Ma a tutti questi problemi la "Guerriera" risponderà con la consueta grinta, senza mai dimenticare gli altri (E' da anni in prima linea con la sua fondazione di assistenza ai bambini autistici). Per cui, da qualche anno, è un piacere sentirla, finalmente pacificata con i propri fantasmi, ma non ancora doma, esprimere tutta la sua grinta e la sua magnifica voce (segnata solo da qualche ruga) in concerti e dischi sempre coinvolgenti ed emozionanti.
Una cuoriosità. Nei cori di "I'm Ever Woman" c'è una giovanissima e ancora sconosciuta Whithey Houston. Qualche anno dopo, all'apice del successo, la Houston inciderà una sua versione dello stesso pezzo. Se ne avete la voglia, ascoltate le due versioni in rapida successione. Io ne ho concluso che in questo caso l'allieva non ha superato la maestra, ma gli sta dietro di diverse lunghezze. Parere personale.
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