Lutz Templin doveva essere un vecchietto tranquillo.
Lì a Stoccarda, sul finire degli anni ‘60, probabilmente nessuno si chiedeva chi fosse. Era stato un musicista e direttore artistico alla Polydor ma ora, per lo più, cercava di passare inosservato. Così, quando se ne andò nel ’73, se ne accorsero in pochi.
Male.
Quell’oscuro vecchietto si portava nella tomba una storia incredibile: quella di “Charlie & His Orchestra” la band più bizzarra mai venuta fuori da quel calderone di freakerie che è stato il ‘900 e di cui il nostro Lutz era il leader.
Aveva cominciato presto, Lutz “Stumpie” Templin, a calcare le assi di un palcoscenico: erano gli anni ’30 e a Berlino si suonava del gran Jazz. Lutz era il primo sax di una delle migliori orchestre del paese, quella di James Kok; e con lui c’erano personaggi come il pianista Primo Angeli, il trombettista Rimis Van den Broek e, soprattutto, Fritz “Freddie” Brocksieper, il miglior batterista che ci fosse in giro in quegli anni.
Ma erano anche anni in cui tirava una brutta aria: il jazz non era più tanto gradito e, soprattutto, il fatto che Kok fosse di origini ebraiche stava diventando un problema. Allora, Lutz ne approfittò per dargli il benservito, così, nel ’35, nacque la “Lutz Templin Orchestra” e la Deutsche Grammophon non ebbe più nessun problema a metterla sotto contratto.
Lutz non era un vero nazista ma annusava l’aria: il jazz era “Entartete Musik” - musica degenerata - ma era ascoltata in gran segreto dagli stessi gerarchi. In Germania c’era ancora una vera passione per il jazz.
Insomma, bastava seguire alcune “regolette”, tipo non usare la sordina, limitare lo swing a circa il 20% del repertorio, eliminare i breaks di batteria ed i ritmi troppo sincopati, usare violini e viole insieme ai sassofoni, ed altri trucchetti, per passarla liscia.
La verità era che, come sbraitava da tempo Alfred Rosenberg: “con Goebbels ministro della propaganda in giro si suona la musica dei negri come mai prima”.
Ora Rosenberg abbaiava così, soprattutto perché odiava Goebbels: quel pagliaccio si vantava di essere il principale “maître à penser” del Nazionalsocialismo, mentre quel titolo spettava solo a lui – Alfred Rosenberg – l’autore de “Il Mito del XX secolo”, l’unico, vero intellettuale del Reich!
Ma il fatto era che, il povero Alfred, era davvero solo un ottuso topo da biblioteca; se Goebbels lo umiliava non era soltanto perché quel suo libercolo aveva fatto incazzare un sacco di gente al Vaticano ma, soprattutto perché, Joseph, a differenza sua aveva una “visione” ed era molto più furbo.
Prendi la cosiddetta “battaglia dell’etere” o delle onde radio: cioè la guerra artistico/psicologica che Goebbels scatenò dal 1940 al 1943, con l’intento di bombardare, attraverso le onde corte, gli alleati cercando di minarne il morale e allo stesso tempo di innalzare quello delle truppe dell’asse.
Goebbels aveva una vera passione per la cultura “pop” (un giorno, forse, vi racconterò la storia incredibile dei giocattoli che, sotto la sua supervisione venivano creati per indottrinare i bambini all’odio razziale ed alla disciplina del reich, sin dalla più tenera età) e aveva compreso fin troppo bene il senso del vecchio motto latino “panem et circenses”.
Insomma “il diavolo zoppo” era certo che le canzoni, se usate nel modo giusto, potessero essere potenti strumenti di propaganda.
Ma bisognava essere capaci, il primo tentativo, "The British Soldier's Song", fu un solenne fiasco. Ma Joseph non era tipo da mollare alla prima difficoltà.
Così tirò fuori “Germany Calling”, un programma radiofonico in lingua inglese, che doveva fiaccare il morale degli alleati con messaggi propagandistici ed ironici (se non pesantemente insultanti), e notizie sulla potenza bellica del Reich. Ogni mercoledì e sabato alle 21, il famigerato “Lord Haw Haw” iniziava le sue trasmissioni con la frase: "Germania chiama! Ecco il Reichssender Amburgo, stazione Brema".
I monologhi di Lord Haw Haw dovevano essere accompagnati da delle “canzoni” che dovevano parodiare lo swing statunitense e trasmettere messaggi propagandistici.
A Goebbels servivano dei musicisti che sapessero suonare bene la “musica dei negri”, e così gli venne fatto il nome di Lutz “Stumpie” Templin e della sua orchestra.
Ora serviva un cantante.
Trovarono questo Karl Schwedler, un tizio di Duisberg che aveva mostrato un talento inaspettato per il crooning mentre lavorava per la sezione americana del dipartimento di radiodiffusione del Ministero degli Esteri, ed in più parlava un buon inglese, poco importa se con un pesante accento tedesco
Era nata la “Charlie and His Orchestra”.
L’orchestra di Charlie incise oltre 270 brani.
Intorno a Lutz e Karl si mosse una potente macchina organizzativa: il Ministero della propaganda non lesinò finanziamenti, l’orchestra di Charlie arrivò a contare oltre trenta elementi, e Lutz fu libero di girare l’Europa alla ricerca di dischi da cui prendere spunto, mentre Karl viveva nel lusso come una vera star.
L’idea era quella che la big band suonasse swing rieseguendo classici Usa a cui venivano cambiate le parole in chiave antisemita e anti Churchill.
I testi partivano identici agli originali e dopo pochi versi deviavano minacciosamente.
“St. Louis Blues”, il classico di W.C.Handy, all’improvviso recitava: «Un negro delle banchine di Londra canta ‘Odio vedere il tramonto perché i tedeschi hanno bombardato questa città». Allo stesso modo in “You’re Driving Me Crazy”, il capolavoro di Walter Donaldson, si canta: «Ecco l’ultimo dolore di Winston Churchill, ‘Sì i tedeschi mi stanno facendo impazzire/Pensavo di essere intelligente ma hanno abbattuto i miei aerei».
E giù epiteti ed insulti a Churchill, che era un megalomane grassone, impaurito dalle bombe tedesche, ed a Roosevelt, marionetta in mano agli ebrei ed ai comunisti.
Tutto questo molti anni prima che Allan Sherman ed i tipi di Mad Magazine facessero delle parodie musicali una vera forma letteraria.
Ma non pensate che tutto questo sia stato solo uno strano tipo di scherzo della Storia, non derubricate il tutto ad una cosa tipo “strano ma vero”. Era una cosa dannatamente seria. Basti pensare che, alla fine della Guerra, William Joyce, il più famoso tra coloro che diedero la voce a Lord Haw Haw fu fucilato come criminale di guerra.
Si calcola che circa un quarto dei radioascoltatori britannici abbia ascoltato almeno una volta quelle musiche che arrivavano dalla Germania. Michael H. Kater in “Different Drummers: Jazz in the Culture of Nazi Germany” afferma che [Charlie and his Orchestra] – «arrivò a rappresentare il fenomeno più bizzarro nella storia della cultura popolare nazista e della propaganda del Terzo Reich».
Goebbels ci credeva davvero, l’”orchestra di Charlie” continuò a suonare fino agli ultimi mesi del conflitto mondiale, anche quando – mentre su Berlino cadevano le bombe – fu trasferita a Stoccarda, anche quando c’era ben poco da propagandare.
Gli americani cercarono di imparare il trucco: il capitano Glenn Miller e la sua “Allied Air Force Orchestra” allieteranno le truppe alleate a partire dal ’42, nel ’44 fu avviata la «German Wehrmacht Hour», una serie di trasmissioni in cui alcuni annunci e alcuni pezzi venivano cantati in tedesco. Mai in quei brani nessun leader tedesco fu denigrato e l’annunciatrice Ilsa Weinberger poteva rimarcare: «non è meraviglioso sentire musicisti a cui nessuna restrizione è stata imposta? Possono suonare quello che vogliono e rivolgersi a tutti, americani, tedeschi, russi, cinesi, ebrei».
Il messaggio era chiaro.
Finita la Guerra, però, la “Lutz Templin Orchestra” (almeno il nome fu necessario cambiarlo!) continuò a suonare per le truppe americane. C’era bisogno di buon Jazz!
Così Lutz se la cavò e rimase – come abbiamo visto – a Stoccarda per il resto dei suoi giorni. Karl Schwedler, invece, lavorò prima come croupier poi, se ne andò in America dove se ne persero le tracce.
La storia di “Charlie and his orchestra” ogni tanto salta fuori, ma è stata – per lo più – rimossa. Io trovo che sia un peccato.
Procuratevi questo “Swing Propaganda” e (a patto di masticare l’inglese almeno tanto da poter seguire i testi e di conoscere qualcuno degli originali) vi garantisco uno degli ascolti più “stranianti” che vi possano capitare.
Una cosa da teatro dell’assurdo, una bizzarria che neanche i fratelli Marx accompagnati da Frank Zappa e dal Capitano CuorDiBue, una roba che neppure “Iron Sky” (se non l’avete mai visto cercatelo!) o “i nazisti dell’Illinois”!
Fa ridere anche se non fa ridere.
Cioè, a me, questo disco mi tira su il morale perché è la dimostrazione più evidente che questa gente era impermeabile all’ironia, incapace di satira e di spirito. Insomma ve lo immaginate un nazista spiritoso?
I nazisti sono troppo imbecilli per far ridere (almeno volontariamente).
Per questo non vinceranno mai.
“Non c'è comico al di fuori di ciò che è propriamente umano” (Henri Bergson).
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