Questo film, apertamente politico, dovrebbe essere gradito a tutti, pure a quelli di estrema destra.

Si parla di un barbiere ebreo, che in seguito alle ferite riportate sul fronte della prima guerra mondiale è colpito da amnesia, e dopo anni di ospedale torna alla sua città. Ignaro dei cambiamenti politici avvenuti nello stato di Tomania, guidata dal dittatore Adenoid Hinkel, si scontra coraggiosamente con le camice grigie, s’invaghisce della dolce Hannah e infine si sostituisce suo malgrado al dittatore Hinkel, che gli somiglia perfettamente, e pronuncia un appassionato e ottimista discorso davanti alla nazione.

Il grande dittatore è un durissimo atto d’accusa contro il nazismo (facile riconoscere in Hinkel Hitler e in Napaloni Mussolini) giocato però in chiave di farsa surreale e grottesca. La copia restaurata attualmente nelle sale contiene le scene con la paffuta moglie di Napaloni (queste scene furono tagliate per non urtare la suscettibilità della signora Mussolini, che nel 1961, quando il film poté uscire in Italia, era ancora viva).

Il tono scanzonato e divertito, diretto discendente dei vorticosi “Keystone Cops”, già a suo tempo fece storcere il naso a più persone. Lo stesso Chaplin, d’altra parte, in seguito dirà: “Se avessi saputo com’era spaventosa la realtà dei campi di concentramento non avrei fatto Il grande dittatore”.

Il film è in assoluto uno dei migliori di Chaplin per il valore umanitario, per la satira corrosiva del dittatore Hinkel (che spesso si esprime in un buffo grammelot, a dimostrazione che Chaplin iniziava a capire le potenzialità del cinema sonoro), per la limpidezza espressiva e stilistica (è ancora forte la lezione di Griffith) e per il perfetto equilibrio tra dramma e comicità. Un film da non perdere, che c’insegna a ridere dei dittatori, perché può essere un valido modo di ridicolizzarli e combatterli. E che tra l’altro ha ispirato uno dei capolavori degli ultimi anni (il premiatissimo La vita è bella (1998) di Roberto Benigni, zeppo di rimandi al film di Chaplin).

Il grande dittatore non è affatto invecchiato. Certo, alcune gag non sono del tutto riuscite, altre sono riciclate dai cortometraggi degli anni ’10 e ’20 (molte gag erano già presenti in Charlot soldato (1919). Molto spesso la comicità si basa tutta sulla pantomima, ma come abbiamo già accennato con questo film l’”arresa” di Chaplin al sonoro è definitiva.

Una curiosità: per la sequenza della “danza” col mappamondo, che sembra assolutamente improvvisata, in realtà occorsero ben tre giorni di lavorazione. Viceversa il discusso discorso finale, che sembra scritto parola per parola, fu girato in un paio d’ore e venne improvvisato da Charlie Chaplin

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