Ci sono vari parametri per stabilire il valore di un grande film. Se ne potrebbero enunciare un'infinità: dalla storia che viene raccontata alla tecnica registica, dalla prova degli attori al significato che ne traiamo. Tutti aspetti importanti per un'analisi e una valutazione, certo, ma mai quanto definire l'attualità dell'opera. Un capolavoro spesso è tale e lo sarà per sempre, quando l'autore riesce a focalizzare le tematiche universali dell'uomo, l'amore, il potere il progresso.
Un film immortale e senza tempo è "Tempi Moderni" di Charlie Chaplin. Nel 1936, data in cui fu realizzato il film, Chaplin è un quarantasettenne all'apice della fama, la star per eccellenza che ha conquistato il mondo con le sue pellicole intrise di comicità e malinconia. Ed è tale la sua reputazione, da potersi permettere di realizzare ancora film muti quando ormai il sonoro aveva spopolato. Solo lui avrebbe potuto continuare a sbancare i botteghini con un tipo di cinema che era obiettivamente obsoleto. Chaplin crede fermamente nel muto: era convinto che la parola annientasse la poesia che la gestualità magicamente generava. Infatti, se escludiamo la sequenza in cui il protagonista si esibisce in un locale, è totalmente muto anche Tempi Moderni.

Anni cruciali quelli per il mondo: gli anni delle grandi trasformazioni economiche, dell'affermazione del capitalismo, gli anni dell'uomo che rimane imprigionato da un nuovo sistema e che viene surclassato dalla "macchina" che lui stesso ha creato. Ed è principalmente intorno a questo tema che ruota Tempi Moderni: è la splendida testimonianza di un uomo che non accetta la direzione che ha preso il mondo e si ribella. Memorabili sono le sequenze in cui il protagonista manda in tilt un'intera fabbrica. Quello che lo spettatore vede è un Chaplin danzante e "libero" che si contrappone alla rigidità degli ingranaggi e dei ritmi lavorativi insostenibili. Ma ciò che colpisce è la spaventosa attualità del film: il protagonista è un precario (quanti ce ne sono oggi?) che per un motivo o per un altro non trova la stabilità economica, cambia parecchi lavori e la logica conseguenza è il rigetto per la vita che conduce: la destesta talmente tanto che, conscio delle brutture del mondo, lascia il carcere a malincuore dopo un periodo di detenzione. Nella celeberrima sequenza finale invece, si ritroverà a percorrere un viale che non si sa dove porta, il futuro è più incerto che mai; ma la sua donna è li con lui a condividere il cammino.
Con questo film Chaplin sarà accusato di essere comunista e ovviamente non sarà ben visto da un'America sempre più industrializzata e potente. A noi rimane uno dei più grandi capolavori della storia del cinema.

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