Premessa:
Il bassista Charlie Haden quando sente il bisogno e l'urgenza di contestare dal punto di vista politico la società è solito radunare la Liberation Music Orchestra (L. M. O. ), così come fece nel lontano 1969 con il primo ed omonimo disco di questo gruppo, così farà per altre 4 volte (più un live a Montreal) in questi 37 anni la formazione e i musicisti al suo interno sono spesso cambiati, ma non certo le intenzioni di denuncia e d’ impegno civile. In questo caso il bassista entra in studio con la L. M. O. perchè vuole esprimere tutto il loro dissenso per la politica di Bush jr. che a suo vedere (e anche di chi scrive) non rappresenta la vera America, o meglio non rappresenta i valori di una democrazia, anzi è divenuta essa stessa un fondamentalismo.

Musica:
I brani in virtù delle ragioni sopraccitate sono tutte di compositori americani, a voler appunto confermare che esiste un'altra America e vanno da Dvorak, Ornette Coleman, Barber, Metheny, Ward, McFarland, Frisell ai canti tradizionali e due composizioni originali.
Haden si avvale della collaborazione (come in tutti i dischi della L. M. O. ) della bravissima Carla Bley, che oltre a sedere al pianoforte arrangia e conduce tutti i brani, ed è proprio grazie alla sua spienza se riesce a conferire alla musica una varietà e una vastità di timbri e tempi davvero eccezionali. La composizione d'apertura è appunto "Not In Our Name" di Haden che con quel suo sapore cubano ci riporta subito alla memoria (non a caso) il primo disco della L. M. O. , qui si mette in mostra l'alto saxofonista Miguel Zenon con un assolo davvero riuscito. Splendida anche la reggheggiante "This Is Not America" di Metheny.
La lunga Medley "America the Beautiful: America the Beautiful/Lift Every Voice and Sing/Skies of America" è l'episodio centrale del disco, che racchiude la speranza ("America the Beautiful") fino ad arrivare ad una presa di coscienza di un popolo (multietnico) messa in evidenza dall'ultimo frammento ("Skies of America" di Orenette Coleman).
L'ultimo brano che voglio menzionare (ma comunque non c'è in tutto l'album una sola caduta di tensione, sono tutte composizioni di ottimo livello) è la bella interpretazione e rilettura (e riscrittura) di "Goin' Home" la melodia di Dvorak tratta dalla "Sinfonia dal Nuovo Mondo", con un assolo cristallino e decisamente ‘ sentito’ del trombettista Michael Rodriguez.

Musicisti:
Decisamente tutti bravissimi, perché è grazie a loro che gli intenti del disco vengono esaltati, perché è altissima la qualità della musica.
Degni di attenzione (oltre a quelli già citati) ovviamente Haden che oltre all’ idea del progetto ha il merito con il suo basso di scavare e modellare le pieghe del tessuto musicale.
Carla Bley che oltre ad aver saputo rileggere con personalità e ricchezza di colori tutti i brani si rivela attenta accompagnatrice e valida solista al pianoforte. Steve Cardenas che con le sue chitarre esalta gli impasti sonori e ritmici, ed in fine il bravo Matt Wilson alla batteria che sorregge con estrema sintesi, tocchi precisi e vibranti il ritmo.

Prologo:
“ Not In Our Name” è un disco d’ impegno sociale che cerca (e trova) una propria dimensione in un universo di sentimento, relazione e dialogo.
Insomma un disco che trasuda umanità, un’ umanità che può e deve ancora esistere, per riconciliarsi con se stessi e con il mondo.

HASTA SIEMPRE CHARLIE!

Carico i commenti...  con calma