Charlie Parker può essere considerato senza ombra di dubbio fra i musicisti più influenti della storia del jazz, nonchè come una delle massime icone di un genere che fino alla metà del '900 (insieme forse solo al blues del delta) aveva rappresentato l'unico "dono all'umanità" puramente made in U.S.A dal punto di vista musicale.

Pioniere insieme a pochissimi altri dello stile Bebop, Parker saprà, in 3 lustri scarsi di carriera discografica in qualità di band leader (dai primi anni '40 fino alla prematura scomparsa del 1954), meglio di chiunque altro indicare una nuova strada in cui il jazz non fosse più solo una musica da intrattenimento e da ballo legata a livello concettuale alle grandi orchestre swing degli anni '30 composte perlopiù da bianchi. Con il Bebop gli afroamericani si riappropriavano di una musica di cui avevano la paternità assoluta: improvvisamente la vicenda jazzistica si spostò dagli opulenti club di Harlem (all'epoca un quartiere raffinato destinato all'intrattenimento dei bianchi) stile Cotton Club ai minuscoli bar della 52esima strada in cui era consentito l'accesso agli afroamericani. Locali dalle esigue dimensioni  in cui si esibivano formazioni da 3 a massimo 6 elementi quali il Three Deuces, il Downbeat o il il Minton's di Harlem assursero  al ruolo di nuovo scenario del jazz in cui per pochi dollari era possibile assistere agli infuocati set e alle jam sessions di musicisti bop rivoluzionari quali Bud Powell, Dizzy Gillespie e appunto Charlie Parker considerato alla stregua di un semidio dalla folta schiera di giovani musicisti che  si affacciavano sulla scena musicale newyorkese nella prima metà degli anni '40 fra i quali vale la pena citare  alcuni futuri geni assoluti del jazz come Miles Davis, Charlie Mingus ,Thelonius Monk, Max Roach che si formarono all' "accademia" di Charlie Parker (jam infinite,ore piccole e stravizi)e con cui ognuno di essi riuscì a collaborare.

I musicisti Bebop, seguendo l'esempio parkeriano, prendevano le distanze dalla "tradizione" del jazz anni '20 e '30 ma non la rinnegavano, se da una parte l'estetica del concetto di improvvisazione portato avanti da Parker & co fu  condotta all'estremo in termini di virtuosismo e veemenza nell'esecuzione strumentale, dall'altra le strutture armoniche e metriche dei brani composti dai maggiori esponenti del movimento bop rimanevano più o meno fedeli al "formato canzone" degli standards anni '20 e '30.Grazie a Charlie Parker il jazz riacquisirà una dimensione da musica popolare nell'accezione più alta del termine, una musica istintiva per niente semplice da eseguire, destinata a tutti ma al contempo cerebrale e spigolosa, è così che il Bebop può essere considerato un antesignano seppur di nicchia dei movimenti  socio-culturali di black pride dei decenni a seguire, i boppers infatti attraverso i loro arrabbiati assoli suonati a velocità vertiginose  cercano di dimostrare la propria superiorità artistica nei confronti dei bianchi; i jazzmen neri degli anni '40 diventano così  star da copertina del Time ma senza arricchirsi.

Sulla vita "avventurosa" e sugli stravizi di Charlie Parker esiste molta letteratura, spesso questo aspetto legato alla sua visione dionisiaca della vita ha in parte oscurato il  talento cristallino del sassofonista di Kansas city,ad esempio il film Bird del 1988 ad opera di Clint Eastwood risulta francamente poco attendibile, la sceneggiatura sembra troppo incentrata sulle vicende extramusicali e in particolar modo sull'ultimo periodo piuttosto buio della sua carriera.E proprio in questo periodo che viene registrato Bird at St.Nick's. Come suggerito dal titolo del disco siamo difronte ad un live registrato all'arena della boxe di St Nicholas a Manhattan, esattamente nel Febbraio del 1950 ma che vedrà le stampe solo anni dopo grazie all'interessamento di Charlie Mingus.

La formazione che  accompagna Parker nelle 13 tracce del disco, sebbene lontana dalla "all stars" band di "Jazz at Massey Hall" del 1953 (autentico canto del cigno di Charlie Parker prima della morte), è di tutto rispetto e annovera tra le sue fila musicisti del calibro di Red Rodney alla tromba  come co-leader, Al Haig al piano (già con Parker e Gillespie ad inizio anni '40) oltre alla sezione ritmica composta da Tommy Potter e Roy Haynes rispettivamente al basso e alla batteria.Ciò che colpisce oltremodo dando uno sguardo alla tracklist è  la completezza della  proposta dei brani ,un autentico "Best of" sotto forma  di live , si  va infatti da alcuni degli  episodi più famosi della carriera di  Parker quali Ornithology, Scrapple from the apple Confirmation, Now's the time alle riuscitissime rivisitazioni di celebri standards  quali Embraeceble of you di Gherswin o Smoke Gets in your eyes di Jerome Kern; oltre a Out of Nowhere e What's New? già presenti in maniera stabile  nel repertorio del sassofonista e che molti conoscono soprattutto tramite le sue interpretazioni.Gli interventi solistici sono quasi tutti riservati a Parker e in misura nettamente inferiore  a Red Rodney, tuttavia la sezione ritmica e il piano non ne escono affatto ridimensionati garantendo comunque un granitico tappeto ritmico adatto agli ampollosi ed efficaci soli di Parker, da segnalare degli interessantissimi fill di batteria da parte di Haynes nei brani più speed.

C'è da dire però che il live in questione ha una grave pecca: la pessima qualità audio della registrazione, che lo avvicina di più ad un bootleg (per certi versi lo è) che ad un live ufficiale, è un vero peccato tenuto conto del fatto che in alcuni momenti la musica  presente nel disco raggiunge dei picchi molto alti dal punto di vista qualitativo,quasi sempre scarsa rimane invece la proporzione dei volumi dei singoli strumenti con l'accompagnamento pianistico appena percepibile e la batteria che troppo spesso copre gli interventi dei solisti. Interessanti tuttavia le interazioni del pubblico sotto forma dei molti "yhea!" e scrosci di applausi perennemente presenti in sottofondo insieme al carateristico "fruscio da vinile".

In conclusione "Bird at St.Nick's" può essere definito come un disco destinato in particolar modo ai cultori di Charlie Parker, pensare che possa essere apprezzato a pieno da chi per la prima volta si cimenta in ascolti del genere sarebbe davvero pretenzioso, ripeto non perchè sia un prodotto privo  di contenuti ma a causa della scarsissima qualità audio che non permette di cogliere degnamente la ricchezza delle sfumature presenti nella musica di Parker.

Saluti e alla prossima

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