Che cosa succederebbe se la sezione ritmica dei Rolling Stones mandasse per una volta affanculo le firme Jagger / Richards e al loro posto invitasse due vecchi amici come Nicky Hopkins e Ry Cooder? Suonerebbero blues a tutto spiano, ci potete giurare! E' un po' quello che è accaduto una notte dell'aprile 1969 durante le sessions di registrazione di "Let it bleed", nell'attesa di Keith Richards che si attardava a gustare qualche "brown sugar" da qualche parte. Ebbene i signori Watts e Wyman decidono di sgranchirsi le mani in compagnia dei due session men di lusso Nicky Hopkins al piano e del grande, ma allora sconosciuto, Ry Cooder alla chitarra. Quella primadonna di Jagger sente le note librarsi nello studio e si accomoda con qualche grugnito e la sua armonica tanto per passare il tempo. In sala di registrazione è presente anche Ian "Stu" Stewart che lascia scorrere i nastri e così è tramandata ai posteri una mezzora di "allenamento" che è più spettacolare di tante altre "partite ufficiali" che si tengono al giorno d'oggi.
Intendiamoci, il disco si trova spesso catalogato come un'uscita dei Rolling Stones ma in effetti è da assegnare a Nicky Hopkins (l'Edward del titolo) e a Ry Cooder accompagnati dalla sezione ritmica degli Stones e questo risulta evidente attraverso l'ascolto dei sei brani dove il tastierista e il chitarrista la fanno da padrone.
Ok, si comincia con il solito blues cadenzato alla Stones: "The Budoir Stomp" è condotta dal piano "da saloon" del compianto Nicky, accompagnato dagli echi dell'armonica di Jagger e la chitarra quasi funky di Cooder, mentre la ritmica sbuffante va in progressione fino al finale esagitato. Quando il pezzo termina, Wyman strimpella ancora il suo basso e si sente uno strepitio di voci con Ian Stewart che domanda dove cazzo è Keith!
"It hurts me too" è l'unica cover e qui il brano di Elmore James è reso nel pigro stile stoniano, con Mick che s'inventa le parole rispetto all'originale. Inutile dire che la slide di Ry Cooder è formidabile nell'esaltare l'indolenza del brano. E' incredibile ma sembra essere proprio là davanti, nella sala semibuia a battere il piede al ritmo della stanca batteria dell'ancor più stanco Watts che m'immagino con la sigaretta all'angolo della bocca. L'assolo honky tonk del piano accompagnato dalla slide rende il pezzo uno dei migliori dell'album assieme al successivo "Edward ‘s Thrump Up" che inizia con la base ritmica all'unisono e poi Nicky Hopkins si libra in una lunga improvvisazione boogie da far ballare anche i paralitici. E' impossibile resistere al ritmo della jam con piano e chitarra che duettano assecondati dalla sbuffante armonica di Mick e dalla pestante ritmica di quei due meravigliosi stoccafissi di Watts e Wyman.
La slide di Cooder inizia da sola la lunga "Blow with Ry" e poi si uniscono progressivamente gli altri strumenti e la voce di Jagger che pare venire da dietro le quinte. Anche stavolta si inventa il testo che parla di morte e cimiteri: "I went to the graveyard and I looked at my woman's face"... Ragazzi, questo è il puro piacere di fare musica, senza costrizioni, senza pressioni, come la faremmo noi se ci riunissimo nello scantinato del condominio.
La conclusiva "Highland Flying" pare un esercizio classico al pianoforte di Hopkins che poi si lancia in lungo assolo boogie blues supportato dal basso di Bill Wyman che giuro di non aver mai sentito così frenetico e in completa libertà espressiva!
Da considerare che queste registrazioni videro la luce solo nel 1972 ma l'ellepi rimase in catalogo per poco. Io l'ho beccato in una ristampa in compact disc Virgin del 1995 e non so voi che mezzo di ascolto userete, ma se vi piace il blues e vi piacciono gli Stones vi raccomando di non perderlo..
E chissà dove cazzo era andato a finire Keith ?!?
Carico i commenti... con calma