Chi è grande abbastanza la ricorderà con il padre Serge nell'(allora) scandaloso video di "Lemon Incest" oppure non avrà dimenticato il suo volto da lolita vagamente maudit sulla copertina del primo vero disco a suo nome, "Charlotte Forever", in cui interpretava brani composti del celebre genitore.
A vent'anni da quell'esordio discografico Charlotte Gainsbourg torna, dopo vari cameo in lavori altrui, con un nuovo album, "5:55", accompagnata questa volta da un parterre d'eccezione: il duo francese degli Air a comporre le musiche, Neil Hannon (Divine Comedy) e Jarvis Cocker (Pulp) a scrivere i testi e il celebrato Nigel Godrich (storico produttore di Radiohead e Rem, più recentemente al lavoro con Beck) a curare la produzione.
Dal canto suo la bella Charlotte ci mette, oltre al suo indubbio fascino e a quell'aria da personaggio trasgressivo, ma finemente charmant, un'interpretazione vocale minimale, un canto spesso quasi sussurrato e una voce fin troppo delicata che richiama innegabilmente quella dell'altro celebre genitore, la madre Jane Birkin, e che, ai meno avvezzi, potrà ricordare la Carla Bruni di "Quelqu'un m'a dit".
Gli Air, per quanto li riguarda, tentano qui di replicare il felice esperimento di "The Virgin Suicide", con atmosfere sonore sofisticate ed inquiete dal sapore vagamente ambient. Il tentativo riesce, ad onor del vero, solo in parte e non di rado i due indulgono nell'autocitazione fino a sfiorare l'autocelebrazione. Partiture per piano composte da cinque-sei note ripetute ad libitum su scale più alte o più basse, una sezione ritmica prevalentemente neutra e spalmata in modo uniforme lungo quasi tutto l'album, arrangiamenti di archi (e qui si sente la mano di Godrich) sontuosi e costantemente presenti, tanto che dopo pochi pezzi l'assuefazione ce ne fa persino dimenticare la presenza. Alcuni pezzi certo si distaccano da questo leit motiv: "The Operation" tenta di introdurre in qualche elemento di dub nelle ritmiche, mentre "The Song that We Sing" suona più scanzonatamente pop rispetto alla generale seriosità dell'album. Ma alla fine la sensazione prevalente è di un'opera votata in ogni suo singolo particolare al culto dell'hi-fi, una sorta di confezione extra-lusso in cui ognuno degli illustri partecipanti ha il timore di risultare meno "colto" degli altri.
In definitiva "5:55" è sicuramente l'album adatto per creare atmosfera durante gli aperitivi che organizzate nel vostro attico in centro o per rilassarsi durante i frequenti voli in business class cui vi costringe il vostro stressante lavoro, se rientrate in queste due categorie. Per tutti gli altri semplicemente un disco che darà un tocco snob alla vostra collezione, ma che faticherete ad estrarre dalla custodia per più di un paio di volte.
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