CHARLOTTE SOMETIMES: LACRIME E SANGUE

A vent'anni di distanza dal suo precedente lavoro "Charlotte Forever", nata dalla mente geniale di un Serge Gainsbourg in piena creatività schizofrenica, Charlotte Gainsbourg si concede il bis, d'altronde anche Peter Gabriel ci ha impiegato dieci anni per dare il seguito di "Us". In tutta quella parentesi temporale che divide il primo album dal secondo Charlotte si è trasformata: è diventata una donna, un'attrice. Stupenda nella sua esile ed elegante silhouette con un viso che ricorda una Patti Smith più femminile e sensuale, Charlotte ha le carte in regola per divenire un sex symbol.

Ed ecco che in questo nuovo capitolo discografico la Gainsbourg s'improvvisa una chanteuse francese di gran classe, accompagnata da un tripudio di ospiti con i lustri e le stelline (Nigel Goldrich, gli Air, Jarvis Cocker). L'attesa si faceva strepitante e ricca di fascino. Quell'oggetto misterioso chiamato "5:55" continuava ad attirare la mia attenzione, sin dalla sua uscita, ma solo pochi giorni fa lo comprai a scatola chiusa, attratto più che altro da una copertina molto sensuale e dal prezzo stracciato. Mal che vada...

L'atmosfera iniziale è già deviante: quelle due pecore nere "5:55" e "AF605107" poste in apertura, una dietro all'altra straniscono perchè sembrano copie carbone degli Air. Non c'è il ben che minimo arrangiamento o un passaggio sonoro che possa invitarti a dire "Ah Beh! Questa è Charlotte Gainsbourg! Lo si capisce subito!". Non sono male ma stancano, con i loro paesaggi lunari, le melodie oriniche e plananti, il pianoforte tanto per condire. La voce delicata della miss si libra come una nipote di Carla Bruni, ma molto più intonata e a suo agio.

Quando pensi che poi il disco possa decollare verso arrangiamenti diversi, ti sbagli: "The Operator" è l'ennesima parata elettro-orinica del duo elettronico francese. A Charlotte piace tanto miagolare. Accarezza, affascina, seduce, ma non molla, non osa, non si libera.
L'unico momento di fosforo è dato dalla stupefacente "The Song That We Sing", una bella e semplice ballata tra acustica ed elettronica glitch. I testi, poeticissimi fanno venire quasi le lacrime (da leggere la notevole ode al neo della bellezza di "Beauty Mark"), ma le melodie sono così ripetitive e anonime da mettere quasi il sorriso.

"5.55" scorre leggero e carezzevole, movimentato solo da poche velocizzazioni ritmiche... mi addormento, risvegliato solo sul finale da due bei pezzi davvero sensuali, ma anche originali come "Everything I cannot see", con il pianoforte in primo piano e "Morning Song", l'unica canzone scritta interamente dalla bella Gainsbourg.

Carezzevole, appassionante, struggente ma anche ripetitivo e anonimo: resta la copertina da mettere in primo piano sulla libreria di dischi in camera mia.
E io che mi aspettavo una nuova "Lemon Incest"...

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