"You want a chaos, I got chaos..."
Abbiamo un po' tutti un cliché che individua un suono ambient cosmico, quelle vallate elettroniche rarefatte a tappeto, dove associamo un ipotetico musicista attorniato di tastiere che smanetta livelli, pulsanti e manopole per fare arrivare un sibilo da deep space.
Qui il caro Chas Smith invece, recuperando memorie nascoste di quando era un viaggiatore nello spazio-tempo, non perde tempo, si ritira nel deserto californiano e creatasi la giusta concentrazione, ergo solitudine, si costruisce da solo gli strumenti che gli permettono di sfornare l'esatta frequenza per ricreare fedelmente i suoni da lui recuperati dalla psiche degli eterni ritorni. Tornio, saldatrice, fresa, smerigliatrice, carpenteria varia, metalli, lamine.. ed ecco attivata la fucina cosmica. La resa è definitiva perché unica, come pezzi unici sono gli strumenti "musicali" che donano una nuova vista sonora per un cristallino viaggio che supporta per uguaglianza quello astrale.
Un suono che non tenta di spiegarsi, che non tenta di farsi riconoscere, che esclude le associazioni. C'è il silenzio pesante degli abissi siderali dove echi e vibrazioni venute da chissà dove ce lo fanno riconoscere. L' immensità, l'assolutezza, la mancanza di limiti ci lanciano a più della velocità della luce ai confini dell'Universo e ritorno. Lancinanti onde tracciano, come una cometa impazzita, percorsi dove si abbandonano definitivamente le prigioni materiali per farsi trapassare da una doccia di meteoriti.
E cose come Cooper Box, Bass Tweed, PezEater, Tio, Adkins, Iockheed, Mantis, DADO, non sono parolacce in dialetto alieno ma sono quelle macchine del tempo che, se saremo in grado di accarezzarle adeguatamente, ci rimanderanno un messaggio infinito che ci farà sperimentare un cambio di Galassia. Si è immersi nel cosmo, in siderale cambia il pensiero, possiamo ascoltare e capire l'immobilità degli astri, conversare con loro.
Vecchio pioniere di inusuali suoni con la pedal steel guitar, si confà a quella branca più eclettica degli artisti di quella scena trance-californiana a me tanto cara. Fondatore della Cold Blue Records nei primi anni '80, la recupera dopo 15 anni di ritiro rilanciandola come Cold Blue Music e ripresentandosi nel 2000 rarefatto nel suo incedere con le sue creazioni in viaggio verso un buco nero.
Spiazzante l'ascolto perché le atmosfere scaturiscono da cose che non dovrebbero esistere, ma la concretezza del progetto si basa proprio sulla potenza dell'invisibile. Sorprendendoci sospesi arriva un onda indescrivibile che pervade tutto l'essere aiutandolo a scomparire per fondersi con l'Unità.
Tutte le particelle sono piene di questo silenzio assordante. A tratti diventa difficile sostenere l'urto, ma si rimane lì, assuefatti dal nulla.
Questa volta il cappello da cowboy (quello che tiene in in una foto del disco mentre suona il Cooper Box in mezzo al deserto) è propositivo a dispetto del medesimo copricapo indossato dal "cavalcatore" della bomba H sul "Dottor Stranamore". Trasportiamoci oltre e proviamo a disintegrarci diversamente...
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