Il quartetto americano dei Cheap Trick suona da sempre una sua peculiare formula di rock pesante ma leggero, un misto tutto loro di pop beatlesiano e di furia punk e rock'n'roll. Questa è la loro terza uscita discografica di carriera ed è una delle migliori, l'anno è il 1978.

La copertina ricicla l'idea dell'eccellente album precedente "In Color...and In Black & White", presentando in copertina i due bellocci, vale a dire il biondo chitarrista e cantante Robin Zander ed il phonatissimo bassista Tom Petersson. A contrasto, in quarta di copertina stanno i due nerd, cioè l'allampanato leader e chitarrista Rick Nielsen ed il batterista cicciobello Bun.E.Carlos.

La forza di questa formazione sta innanzitutto nella vena compositiva di Nielsen, collezionista compulsivo di chitarre e di progressioni armoniche e melodiche da manuale. Il resto lo fa la forte personalità di tutti e quattro i musicisti ognuno dei quali, bello o bruttino che sia, ci mette una buona dose di peculiarità, che sia artistica oppure esecutiva o tecnica.

Carlos ha l'aspetto di un tabaccaio di San Diego, però ha un suo modo molto efficace di picchiare, forte e semplice e sicuro, sul suo strumento. Forma con il socio Petersson, pioniere della chitarra basso a otto ed anche a dodici corde, una sezione ritmica vigorosa ed insieme melodica.

Rick Nielsen associa il suo razionale, colto ed attento intercalare di stereotipi rock'n'roll mutuati da Chuck Berry, Jimmy Page, Pete Townshend e mille altri capiscuola da lui attentamente studiati, a estroversioni ed estrosità uniche sul palco: si agita, zompetta, fa le smorfie, cambia chitarra ad ogni canzone, si diverte e intrattiene, naturalmente senza perdere una nota. Non è certo il chitarrista più bravo del mondo, ad esempio se ne frega abbastanza degli assoli anche se li sa suonare, però è per certo fra i performer più in movimento al mondo.

"Surrender", posto in apertura, è un classico del repertorio. E' praticamente una canzone punk, se non fosse che Zander canta intonato, che vi sono gli abbellimenti di tastiere qui e là e soprattutto che manchi un poco più di velocità. Ma la cantilena è quella, di estrema semplicità ed accessibilità.

La bella e potente voce del biondo frontman, un misto fra quella di Lennon e McCartney, mutuando dal primo il timbro e dal secondo la buona estensione verso le note acute, domina la successiva, pulsante "On Top Of The World", col pianetto ribattuto che la avvicina pure ai Supertramp.

"California Man" e "On The Radio" invece sono melodicissimi rock'n'roll, di quelli che saranno piaciuti a suo tempo proprio al povero John Lennon. Nielsen stampa nella prima un competentissimo assolino anni sessanta, nella seconda una tiritera da disck jockey radiofonico  e il gioco è fatto.

"High Roller" e "Auf Wiedersehen" sono classiche hard pop songs alla Cheap Trick, senza molta ispirazione se non per gli eccellenti suoni di chitarra di Nielsen, quale che sia lo strumento prescelto fra le decine a sua disposizione. Farà pure il buffone sul palco, ma l'attenzione anche timbrica ad ogni nota che esegue fa intuire che musicista concentrato e studioso sia.

 "Takin' Me Back" ricicla un giochino con gli accordi di quarta tipico dei chitarristi, sempre efficace, poi però la canzone si perde in mezzo a troppi infiorettamenti di tastiere (in mano all'ospite Jai Winding), anche se Zander si dà da fare con coretti in falsetto di smaccata radice beatlesiana.

La canzone che intitola l'album ne è anche il vertice qualitativo (a meno che si abbia in odio lo stile barocco e pomposo): procede stentorea e drammatica, un po' alla Queen, con Robin Zander che gigioneggia al massimo della sua espressività, come e più di un Freddie Mercury, cambiando più volte il modo di cantare, esibendo soprattutto un fantastico falsetto basso nel ritornello.

"Stiff Competition" parte alla Led Zeppelin, aggredita dal camaleontico Zander col suo timbro più aspro e potente, poi si diversifica in passaggi più ariosi, precipita nell'hard rock alla Who, con tanto di urlacci spacca tonsille alla Daltrey... insomma un (derivativo) guazzabuglio pieno di energia.

La chiusura è splendida: "How Are You" è un due quarti manovrato dal pianoforte ribattuto, che nelle strofe prende alla gola, si risolve per un attimo nel ritornello ma poi torna subito a pompare sana tensione e pregevole musicalità. Grandiosi i contrappunti di chitarra di Nielsen, vere zampate di felino. Le solite schitarrate a'la Townshend concludono brano ed album..., anzi no, nel dischetto in mio possesso vi è ancora un breve inserto dal vivo, un minuto o poco più estratti da un pezzo che si chiama "Oh Claire", neanche accreditato sul libretto.

E' un breve attimo, ma basta per intuire quanto siano più efficaci il suono e la carica dei Cheap Trick nei loro concerti: niente tastiere fra le balle (lo spazio lasciato all'ospite Winding in questo disco è eccessivo) e un suono espanso, gigantesco, appagante, col vocione del cantante ad ergersi senza problemi e rimbombare fra le pareti della sala. Non per niente i dischi più famosi e venduti di questa formazione sono proprio quelli dal vivo... Grande band da palco, intelligente e trascinante con le sue musichette iper amplificate, buone per i teenagers di una volta, e ancor buone perché gli appassionati di rock ne assaporino, oggi come una volta, gli evidenti pregi.
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