Una donna dal fascino macabro e notturno, quello di Chelsea Wolfe. Un fascino misterioso, che ammalia e inquieta. Come la sua voce da sirena, voce che attira e ipnotizza. Voce che sa essere felpata e minimale come i passi di un lupo nella neve fresca, ma che sa anche divenire potente e tormentata come l'oceano in tempesta.
In "Pain Is Beauty", Chelsea si veste da dea della notte, si lascia avvolgere da un mantello nero e fa confluire tutte le sue emozioni per un amore perduto in dodici tracce magnetiche e inebrianti. L'album, come in un viaggio dantesco, inizia infernale, stregato, violento per poi risalire verso il paradiso, con spiragli di luce bianca che affiorano nel finale.
"Feral Love" è l'incipit color pece. Un inizio luciferino, plasmato su una danza della morte martellante e ossessiva. Atmosfere inquietanti che ricordano da vicino il disturbante suono degli Swans, il doom paranoico e malato di Michael Gira. Chelsea è più oscura che mai, una dark lady che avviluppa l'ascoltatore in una spirale catartica senza fine. Con "House Of Metal" Chelsea si trasforma in una presenza evanescente. Il basso potente e gli archi bucolici creano la giusta colonna sonora per una notte nebbiosa e senza luna. Un folk apocalittico che si tinge di sangue, una ballata da pelle d'oca degna della miglior Siouxsie.
Chelsea però si spinge oltre in questo suo album. Si immerge nell'elettronica minimale e onirica in "The Warden" e assume le sembianze di una ninfa della foresta, dolce e suadente. Suoni elettronici e atmosfere ambient anche per "Sick", pezzo dai connotati horror e foschi. L'epicità dei Portishead e l'inquietudine dei Dead Can Dance si uniscono in una simbiosi perfetta, portando Chelsea Wolfe a livelli altissimi, quasi a raggiungere l'altro folletto notturno della musica, Björk.
Imbraccia la chitarra acustica, la dea della notte, e si libera di ogni strumento superfluo per "They'll Clap When You're Gone". Un inno per chi, come lei, ha sofferto per una amore sentito, importante, ma ormai finito. E tutto finisce nel migliore dei modi. La lunga e maestosa "The Waves Have Come" è una ballata dolce e soave, ma mai zuccherosa e banale. Otto minuti e mezzo nei quali Chelsea Wolfe dimostra tutte le sue doti naturali, tutta la sua potenza emotiva e la sua crescita personale. Uno dei brani più belli di questo 2013, che fanno ben sperare per il futuro della cantautrice californiana.
L'oscurità si rischiara lenta, la nebbia si dirada, e quella patina di inquietudine che ha coperto l'intero album si fa da parte. Una pallida luce si fa spazio, illumina il volto di Chelsea. Volto contornato dai capelli corvini, e addolcito da due enormi occhi azzurri. "Lone" chiude questo viaggio dantesco laggiù in fondo, alle porte del paradiso. Rimane solo un'impronta di decadentismo, una scia di intimità autunnale che la rende una delle donne più talentuose e affascinanti di questi anni.
Con questo album Chelsea Wolfe ci porta nel suo mondo fatto di paure, dolori e bellezza decadente. Con questo album Chelsea Wolfe ci dimostra che le donne, nel mondo della musica, non sono tutte come Miley Cyrus.
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