Da un po' di tempo l'elisabettiano Regno Unito (o Gran Bretagna oppure "sineddocamente" Inghilterra) è una vera e propria fucina di rivelazioni musicali, la maggior parte delle quali rivolte al solito grande mercato di massa. La patria della cultura alternativa agli strombazzamenti Usa, in parecchi casi foriera di notevoli creazioni e ispiratrice di altrettante innovazioni su larga scala, si è trasformata in una landa di trend-setter e di trend-setting (dall'esplosione mainstream dell'elettronica e della relativa cultura underground alla breccia nelle chart della neo generazione soul bianca), responsabile perfino di aver riportato in auge boy bands e teen pop. Dunque, dietro a Westminster, alla rigidità feudale tipica degli isolotti di Sua Maestà e alla nostalgia beatlesiana, emerge una cultura pop non proprio nuova, eppure significativa nel contrastare per mezzo delle molteplici sfaccettature di contorno le sempiterne provocazioni yankees.
Cheryl Cole, ex moglie del fedifrago calciatore Ashley, si prostra alla corona inglese come una delle più affascinanti e sensuali artiste d'oltremanica. Figlia della contemporanea tradizione girl-group naturalmente ispirata alle Ragazze Pepate, la Cole ha militato per anni nel collettivo Girls Aloud, conosciutissimo a Londra, Dublino e dintorni ma poco rilevante nel Continente; le Aloud, attive dal 2003 con Sound Of The Underground, hanno proposto un cabaret pop ricco, stuzzicante, malizioso e raffinato, piuttosto lontano dagli sculettamenti trash delle americane-hawaiane Pussycat Dolls, sfornando un successo dopo l'altro fino al 2008-09, periodo in cui la front-woman Cheryl iniziò ad abbracciare l'idea di una quasi ovvia carriera solista. Il debutto della Cole, 3 Words, mix R&B-Lounge con sfumature dance, è stata una delle migliori produzioni pop-mainstream internazionali di inizio decennio e si è fatta sentire anche nella desolante realtà pseudo cantautoriale belpaesana. Aiutata dal fido Will.I.Am, patron degli amatodiati Black Eyed Peas e producer di grido per altre celebri figure del music biz, Cheryl si è tuttavia arresa alla deriva elettrodance con il secondo Messy Little Raindrops, carino tuttavia sfacciatamente commerciale e modaiolo, ben lontano dai fasti morbidi e rilassati di 3 Words.
L'approdo al terzo album, A Million Lights, e la scelta di far cadere il cognome (acquisito) nella firma dei lavori solisti, decretano un buon compromesso fra i primi due lavori e chiudono una tripletta - tutto sommato significativa - improntata nel classico connubio ballate slowjam e club banger iper danzerecci. Seppur qualitativamente ancora inferiore al debutto, il disco riesce comunque a superare la discesa nella standardizzazione commerciale di Messy Little Raindrops, presentando una vasta gamma di sonorità: un filone dance-pop con energiche improvvisazioni dubstep (il probabile prossimo estratto Screw You, Love Killer, Boys Lie e Craziest Things, performata con il mentore Will.I.Am), qualche rimescita house (Sexy Den A Mutha e il lead single Call My Name prodotto dallo scozzese Calvin Harris, il nuovo RedOne delle discoteche), ed elettropop classica (Girl In The Mirror, One Thousand). Immancabili le ballatone della migliore tradizione mainstream, fra le quali occorre segnalare Ghetto Baby, scritta a quattro mani dalla "old school ispired" Lana del Rey, la romantica All Is Fair e la quasi piano-instrumental Telescope. Da menzionare, infine, il funky reggae di Under The Sun, semplice brano lontano dalle attuale voghe synth e neo soul.
Delicata, fascinosa, eccitante (per gli allupati più mordaci, ndr.) ed anche simpatica, Cheryl (Cole) veste altresì i panni - griffati - di brava madrina del pop europeo, distante anni luce dagli scandali artistici di Lady Gaga e dal patinato puttan-pop presidenziale. Ribadendo ancora una volta l'attuale irraggiungibilità di 3 Words (con una rafinatezza paragonabile, per esempio, alla splendida compatriota Sophie Ellis-Bextor o alla semi divina Kylie, propugnatrici di un pop a cinque stelle), A Million Lights è in grado di sposare dignitosamente trend e semplicità, carisma e naturalezza, mainstream e gusto. E, forse, i red carpet dei Music Awards americani dovrebbero ispirarsi un po' più ai colleghi con l'ombrello, la bombetta, le Regine e la Classe.
Cheryl, A Million Lights
Under The Sun - Call My Name - Craziest Things - Girl In The Mirror - A Million Lights - Screw You - Love Killer - Ghetto Baby - Sexy Den A Mutha - Mechanics Of The Heart - All Is Fair - Last One Standing - Boys Lie - One Thousand - Telescope
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