La seconda metà degli anni ottanta oltre ad essere contraddistinta dall'impegno profuso da Mark Knopfler ed i suoi Dire Straits per la mastodontica tournée di supporto a "Brothers In Arms", ha visto il chitarrista di Glasgow trascorrere il proprio tempo facendo un incessante dentro e fuori da numerosi studi di registrazioni, senza mai concedersi neanche fuggevoli pause non lavorative.
Nel frattempo il solo nome di Mark Knopfler è iniziato a comparire tra gli scaffali dei negozi di dischi dove hanno visto la luce le soundtracks di "The Princess Bride" (1987) e "Last Exit To Brooklin" (1989), così come la partecipazione oltreché come musicista anche in veste di produttore per l'esordio solista di Willy DeVille con "Miracle" (1987), senza dimenticare tra gli altri, il proprio contributo a lavori come "Nothing Like The Sun" (1987) di Sting, o al "Primitive Dance" (1987) di Paul Brady e perché no al "Chet Atkins C.G.P." (1988), ovviamente di Chet Atkins. Proprio con quest'ultimo (suo eroe sin dai tempi degli Everly Brothers), Knopfler decide di mettere in cantiere un disco che sarà realizzato principalmente per ritrovare certe situazioni che riflettono un'intimità musicale - ben lontana dai bagni di folla raccolti con i Dire Straits - che sembra appartenere soltanto ad un lontano passato.
Il primo contatto con l'artefice del Nashville Sound era stato stabilito ai tempi di "Stay Tuned" (1985) durante le quali registrazioni il feeling che poteva far pensare semplicemente al (ri)sorgere di una relazione tra padre e figlio ritrovati, portò invece alla nascita di un rapporto di reciproca stima e comprensione che si sarebbe protratta sino alla dipartita di Atkins avvenuta nel 2001.Con "Neck And Neck" i due autori si concedono l'esecuzione di dieci brani pescati e riproposti con avvedutezza nutrendosi di jazz, country senza far mancare l'ingrediente del rock ‘n' roll. Quanto inciso riesce ben riesce a sintetizzare quel che i due chitarristi provano a trasmettere a chi ascolta, un elegante ensemble musicale in cui vengono a sposarsi in maniera raffinata cantautorato ed easy listening, evitando di cadere nella trappola di suonare insipide ballate da strimpellare ad un barbecue per pochi intimi.
Così per una "Poor Boy Blues" (dell'allora marito di Emmylou Harris, Paul Kennerley) scelta per aprire il disco che richiama in maniera esplicita la familiare ritmica di "Walk Of Life", la ridente "There'll Be Some Changes Made" mostra un divertente avvicendarsi tra i cristallini interludi (simpatici anche quelli vocali) tra Knopfler ed Atkins che ci delizia con la semplicità di quelle armonie che hanno fatto caratterizzato il suo suono. "Tears" - uscita dalla penna di Django Reinhardt e Stéphane Grappelli -, ripropone le tranquillità di certe atmosfere jazz che hanno influenzato l'innamoramento per lo strumento dei nostri, mentre la frizzante "I'll See You In My Dreams" fa librare nell'aria una successione di note con arte sopraffina in cui la senza incedere in particolari autoindulgenze, così come per "Tahitian Skies" (mai celata la citazione da "Why Worry") una vera e propria colonna sonora per chi ama sognare ad occhi aperti, dopo una lunga giornata trascorsa a rendere più fruttuoso il proprio podere.In prestito dal geniale e contemporaneo Randy Goodrum c'è "So Soft, Your Goodbye" in cui il violino di Mark O' Condor ben si amalgama con la piacevolezza delle tenui chitarre che rimandano a una rivelata tristezza, mentre con "Just One Time" si prova decorosamente - senza forse riuscirci - ad incrementare il ritmo fino alla conclusiva "The Next Time I'm In Town" che con la sua leggiadria riesce a palesare al meglio la gratitudine che Knopfler esprime verso il maestro, concependo un brano che si scopre come una vera e propria dedica a partire dall'irrefutabile testo (Now it's been something seeing you again - And in this time we've had to spend - You've been so good to be around - And I thank you for that special thrill - Keep me goin' on until - The next time I'm in town - ‘til the next time I'm in town - ‘til the next time I'm in town = E' stato bello vederti di nuovo - Come il tempo che abbiamo trascorso insieme - Sei stato davvero bravo a trovarti da queste parti - Debbo dirti grazie per quell'eccezionale passione - Che mi da la forza per andare avanti - Fino alla prossima volta che verrò in città - Fino a quando sarò di nuovo in città - Fino a quando sarò di nuovo in città).
Nell'insieme un disco dal fascino anche un po' retrivo ma che vede Knopfler ed Atkins districarsi in territori musicali a loro familiari, in cui è proprio la naturale disinvoltura di chi ha le spalle rafforzate da anni di gavetta e dedizione, a far superare quella sottile linea che separa un buon esercizio di stile da un lavoro vivo, dimostrando che proprio come in questo caso è l'onestà dei sentimenti dei due protagonisti a segnare un disco sincero e puro. Da assumere (magari), anche in piccole dosi.
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