Chet Baker era un jazzista con due palle così, un tossicomane oltre che un autentico pazzo: diciamo che amava torturare i suoi compagni di session, costringendoli ad indovinare dalle poche note emesse dalla sua tromba il pezzo che stava suonando, la tonalità e le note su cui muoversi.

L'idea per quest'album nasce quando due discografici italiani, tali fratelli Gurtler, vengono a sapere che il buon Chet sarebbe arrivato di lì a poco nel bel paese e gli propongono una serie di registrazioni. Il nostro ci sta: i discografici gli organizzano in quattro e quattrotto una crew dei migliori session-man italiani in circolazione, gente che, a sentire quest'album, ha poco da invidiare ai loro colleghi d'oltre oceano. Nel disco sono presenti cover di standard americani quali "Cheryl Blues", la milesiana "Tune Up" oltre che la bellissima "My old flame", e sono sicuo che, come me, ascolterete e riascolterete questo album, pieno com'è di tocchi di classe e di dettagli che emergeranno volta dopo volta.

Un gran bell'album, sebbene non rivoluzionario, ma sia ben chiaro che Baker non ha rivoluzionato nulla: ha solo suonato la tromba benissimo, con quel suo mood malinconico e inconfondibile, sintomo di una personalità creativa e tormentata come poche. Scusate se è poco.

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