A volte sento dire che quando si parla di un artista specie in ambito musicale bisogna fare una scissione tra la sua musica e il modo in cui appare. Certo, se riferito un po all' accartocciamento dei valori musicali odierno non posso che dare ragioni a tali voci. Ma a volte risulta difficile non appassionarsi al personaggio in se, alla sua figura. In poche parole, potrei ascoltare Chet Baker in una sessione live anche senza audio e provare comunque piacere.

No, non sono pazzo. E chi ha visto qualche filmato (pochi a dir la verità) specialmente in bianco e nero di Chet Baker da giovane sa a cosa mi riferisco. Delle interpretazioni magistrali vissute con un pathos incredibile in un crescendo emotivo dovuto ad una mimica facciale che ha dello straordinario. Occhi chiusi, seduto ad una sedia a volte, ad inseguire la linea invisibile delle sue emozioni. Perchè sapete, trovo la musica di Baker piu vera di quanto si possa immaginare. Sarà che siamo compatibili, sarà che trovo un ancoraggio nella malinconia che traspare limpida dalle sue note, sarà che quando lo ascolto è come se sapesse benissimo come mi sento. E di conseguenza mette in musica cio che provo. Come dico sempre è un alchimia inspiegabile, che va al di la di ogni logica matematica.

Ha sofferto tanto Chet Baker. Da giovane piu volte servizio militare, poi una gavetta per i piu scadenti locali in circolazione, fino all' incontro con due personaggi che gli avrebbero successivamente cambiato la vita, ovvero Gerry Mulligan (con cui suonò in un quartetto) e il monumentale Charlie Parker, il nostro 'bird'. Ci mise tempo il ragazzo a trovare la sua vera identità artistica, passando attraverso piu strumenti fino ad arrivare a quello che lo trasformò in un' icona del jazz, la tromba. E' indiscusso almeno per il sottoscritto che il suo modo di interpretare la musica abbia dei riscontri nei suoi trascorsi. Trascorsi difficili che purtroppo ti mettono anche alle strette. Baker cadde ripetutamente nella droga, senza mai riprendersi del tutto. Si dice che ad un certo punto fosse cosi disperatamente bisognoso di soldi per le sue 'dosi' da incrementare le vendite di suoi brani anche quando non ce n'era bisogno. Divenne quasi un simbolo quel suo problema ai denti che gli compromise per sempre la figura. A dispetto di come volle far credere (una bottigliata in faccia in una rissa), prendono molto piu quote le dicerie che vedono la cosa come una conseguenza della droga. E fu proprio la droga ad averlo portato nel 1988 ad una morte ancora oggi ricca di dibattiti. Potrebbe essersi suicidato ad Amsterdam mentre risiedeva in un albergo, ma non è da escludere la causa dell' incidente, per l'appunto, dopo aver assunto droghe.

Ma veniamo a noi. Era il 1956 quando, dopo il successo di 'Chet Baker Sings' il nostro da alla luce 'It Could Happen To You' . Si crea subito un antitesi tra quella che è la copertina e quelli che sono i contenuti del disco. L' immagine è quella di due fidanzatini che si scambiano dei sorrisi in modo quasi 'allegro'. Niente di tutto questo sono i brani. Fiumi di malinconia che si espandono nell' aria come in un vortice di passione e nostalgia. Una decina di composizioni, che qualcuno potrà definire simili tra di loro, cariche di pathos. Arrangiamenti non ricchissimi di strumenti, ridotti al minimo indispensabile, (non come il free jazz di Coleman ma quasi) composti da voce e tromba piu un impeccabile pianoforte che interviene sempre al punto giusto senza mai stonare. Le tracce si alternano in un intrecciarsi di brani che esprimono una felicità quasi effimera che si tramuta col tempo nella solita dolcezza malinconica, e di altri che sono delle vere e proprie tracce lente da notte stellata. Stupende le prime due, 'Do it the Hard Way' e 'I'm Old Fashioned', che mettono subito l'ascoltatore sul binario giusto. Meravigliosa la title-track, tra le piu belle che ricordi (anche a livello di testo). Altrettanto superba 'Everything happens to me' e la finale 'Old Devil Moon'. Ma giusto per scrivere qualche titolo, non troverete riempitivi ne brani inferiori, anche perchè tendo a valutare dischi come questi come un tutt' uno, un grande blocco.

E fu tramite album brillanti come questo che Baker assunse il ruolo di figura cardine del Cool Jazz. Il Luigi Tenco del Jazz, da scoprire e riscoprire. Una malinconia fin troppo contagiosa.

Da ascoltare in una notte piovosa mentre i pensieri si accavallano in modo disordinato.

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