Qual è, secondo voi, il modo migliore per farsi perdonare, dopo due album piatti e privi di ispirazione consecutivi? Una pausa? Un album di cover (...)? Ristampe deluxe dei primi album? Ritirarsi e non farsi mai più rivedere? Ognuna di queste scelte sono ampiamente discutibili. Ma come dovremmo reagire se la band in questione, come segno di perdono, pubblicano col botto il loro album migliore e più pesante?

Infatti "Hats Off To The Bull" è proprio questo, il miglior album in studio della band dai tempi di "Wonder What's Next", e non solo! In questo sesto traguardo, la band effettua una muta della propria musica. Si assiste ad un violento ed efficace irrobustimento del sound, dove insieme al loro classico alternative metal fortemente influenzato dai Deftones (ed anche un po' ai Tool) si aggiunge un potente hard rock molto lineare e compatto, simil AC/DC. Per il risultato di 11 canzoni di pura devastazione, creando un muro sonoro di cemento armato indistruttibile e inattaccabile. Ne è una prova più che evidente l'iniziale "Face to the Floor", primo singolo dell'album, che pesta duro come una roccia nonostante abbia un appeal molto radiofonico, ma che non toglie assolutamente nulla a quello che è in sostanza. E lo stato emotivo già acquisito col solo ascoltare della prima traccia, rimane completamente invariato con le successive "Same Old Trip", "Piñata", "Hats Off to the Bull" e "Clones", tutte quante delle potenziali bombe spaccatimpani, e non è tanto per dire. Ma l'album, per sfortuna, non è un continuo pestaggio di batteria e schitarrate da far tremare la terra, ogni tanto si alternano dei pezzi più pacati e che rientrano nel classico stile del trio dell'Illinois, come "The Meddler" o "Envy". Non mancano neanche quei soliti due-tre brani che fungono da riempitivo per, in questo caso, piccolissimi spazi vuoti, riscontrabili in "Ruse" e "Arise". Addirittura il disco ci lascia un po' di tempo e spazio anche per una traccia completamente acustica, "Prima Donna", col compito di placare la nostra sete di distruzione (perché dopo aver sentito questa ed anche questa, diventi desideroso e ne vuoi di più, sempre di più!) per poi rifiorire con la conclusiva "Clones".

In assoluto, senza ombra di dubbio, senza se e senza ma, nessun ripensamento: l'album che ho consumato di più in tutto il 2012, nonostante sia stato pubblicato l'anno precedente.

Ve ne consiglio l'ascolto? Ma certamente!

Ve ne consiglio l'acquisto? Assolutamente, cominciate a mettere i soldini da parte!

Questa recensione è troppo corta? Ahimè, sì. E mi dispiace.

Ancora fate domande?! Filate ad ascoltarvelo!


VOTO = 90 / 100

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