Fuori di casa, al silenzio stupito per il boato seguirono le urla delle persone terrorizzate dal terremoto.

“Dio dei Cieli! Abbi pietà di noi …”

“Allah! Invocheremo i tuoi novantanove nomi …”

“Dio unico, Dio patriarca, la tua vendetta si abbatterà sul nostro capo …”

Tutti invocavano il proprio Dio: cristiani, musulmani ed ebrei imploravano, in lingue diverse, di essere salvati dalla furia della montagna tiranna.

C’è stato un posto (la Sicilia) ed un tempo (breve) in cui la comprensione tra le varie etnie e le diverse fedi regnava sovrana. Un’oasi dorata, dove si mescolavano il sapere di arabi, di ebrei, di greci e la vita era una delizia.

Ma, si sa, l’uomo, creato per questo, non riesce a mantenere fede alla propria umanità: lo smarrimento della ragione provocato dalla ricerca bramosa di potere e la follia accecante hanno sempre rivestito una parte fondamentale nelle umane vicende. I Normanni, agli ordini di Ruggero di Altavilla difensore del Papato romano ma solo per tornaconto, hanno in mente l’obiettivo di espandere i propri territori della Calabria. Dalla lontana Canossa, Matilde, passata alla storia come mistica cristiana, è invece divorata dalla sete di potere. Una setta custodisce il velo unto del sangue della santa Agata: chi lo possiede è destinato all’invincibilità e al dominio incontrastato sulle terre di Sicilia.

In cinquant’anni (1047-1097) di tradimenti, di sangue e di imbrogli sulle sponde del Mediterraneo, i diversi personaggi della storia si incontrano, si amano, si odiano all'ombra di avvenimenti destinati a cambiare il corso dei secoli: la prima crociata e la nascita dei Templari, il cui mistero è tramandato fino ai giorni nostri.

La storia che fa da collante all’intero romanzo è una storia d’amore. La protagonista, la bizantina di nobile famiglia Agata, langue d’amore per il il qadì ed emiro della città Ibn elThunna (Benavetto). Ma vi è un altro che spasima per Agata, il cavaliere Boemondo, classico eroe romantico dai capelli biondi, pronto a correre in difesa dell’amata e devoto agli ideali.

In questi giorni in cui l’umana follia si ripete e buona parte dell’umanità chiama in causa la diversità di religione come origine del conflitto, mi è tornato in mente questo gradevole romanzo storico, letto nell’estate del 2009 durante una vacanza a Pantelleria. Chi, ancora oggi, parla di guerra per motivi religiosi non si accorge che è il primo a subire la deviazione del bisogno umano di spiritualità in "oppio dei popoli".

In prefazione all’opera, una breve favola si conclude così: “Nei secoli che seguirono molti approdarono sulle sponde dell’isola privi di ogni speranza, come accadde a Sicilia. E anche per loro, ogni volta si ripeté il miracolo della vita e della fusione in una stirpe unica, frutto di mille incroci”. Favole, favole, favole …

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