Anni '80, maledetti anni '80. Musicalmente intrisi di elettronica, batterie sintetiche martellanti e cori, tanti tanti cori. Per riuscire a sopravvivere nel decennio della "plastic age" , citando i Buggles, bisogna saper navigare con maestria altrimenti ci si inabissa velocemente. Molti gruppi storici dei '70 nel decennio successivo alzano bandiera bianca o peggio continuano ostinatamente a proporre il loro sound stantio sperando di acchiappare un posto in fondo alla classifica di Billboard e salvare il contratto discografico. I Chicago capiscono già con "XIV" nel 1980 che la soluzione peggiore è rimanere ancorati agli anni '70. "XIV" è un disco moscio, stanco, senza mordente e senza pezzi di rilievo. Inoltre il look della band è obsoleto, via quindi tutto...si apre una nuova fase. Arriva David Foster alla produzione, si unisce alla chitarra e tastiere Bill Champlin, voce calda che ricorda da lontano quella di Kath. Ingresso della batteria elettronica, sintetizzatori in primo piano, fiati pompanti e ritornelli micidiali. Da questa miscela nasce "16", il disco che sancisce il nuovo corso della gloriosa band made in U.S.A. In aiuto arrivano alla scrittura anche i Toto e futuri Toto (Joseph Williams per l'opening con "What You're Missing") e Steve Lukather contribuisce con la sua chitarra in modo significativo. I Chicago si allargano a collaborazioni esterne e il risultato premia. "16" è il disco della ballad strappa lacrime per eccellenza, consuma accendini da stadio e unica "Hard to Say I'm Sorry", capolavoro di Cetera e Foster. Intro al piano, voce avvolgente e testo lacrimevolmente sincero aprono prima dell'ingresso della batteria magniloquente di Seraphine, archi che ci portano per mano sino alla coda travolgente di "Get Away", liberatoria con tutta la potenza dei fiati dei Chicago in una indiavolata coda ben valorizzata in versione live. Il resto funziona tutto, la potenza AOR di "Love Me Tomorrow" in chiusura del disco, con ancora una coda ricercata per archi molto riuscita. Cetera e Champlin dominano al canto, "Follow Me", "Sonny Think Twice" e "Bad Advice" sono tutti episodi deflagranti negli impianti stereo del 1982 che ancora sono profondamente desiderosi di convertire in onde sonore il meglio che si possa offrire.
"16" è un lavoro ruffiano, elegante e che entra in testa. La copertina sottolinea la modernità, quella lente che ingrandisce il nome della band stampato su di un circuito integrato. Sorprendentemente è un disco AOR invecchiato molto bene, caposaldo del genere e riporta la band di Chicago in testa a tutte le classifiche. Operazione riuscita, si può fare di più? Certo, lo farà "17".
Carico i commenti... con calma